Anche a NordEst il bonus di 80 euro per le pensioni minime

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Le ipotesi di riforma delle pensioni allo studio del Governo, dalla flessibilità in uscita al cumulo delle contribuzioni versate in più Casse previdenziali, all’ampliamento del bonus 80 euro

 

Di Giuseppe Pace (segretario provincia di Padova Partito Pensionati)

 

dadi pensioniDopo la “Buona scuola” eccoci alla “Buona pensione”? La prima è già foriera, in parte, della seconda, almeno così appare a non pochi pensionati e pensionabili delusi da questo continuo populismo governativo, teso a creare il consenso elettorale non creatore di buone riforme. La riforma pensioni, nota come riforma Monti-Fornero ed entrata in vigore nel gennaio 2013, ha apportato sostanziali cambiamenti al sistema pensionistico italiano. Dopo tale riforma i pensionati previdenziali (pari al 64,6% del totale dei pensionati) stanno calando, ma aumentano le pensioni sociali, segno evidente che l’Italia si sta impoverendo.

Terminato il vertice, e approvata in Consiglio dei ministri la legge di bilancio (Stabilità 2017), si delinea la riforma pensioni: l’APE (anticipo pensionistico) entra in vigore il primo maggio con risorse nella legge di stabilità pari a 7 miliardi in tre anni. L’APE volontario (da 63 anni di età, con 3 anni e 7 mesi di anticipo sull’età pensionabile), a carico del lavoratore, richiede 20 anni di contributi e prevede una rata di restituzione del prestito pari a un taglio medio del 4,6% per ogni anno di anticipo sulla pensione, quindi con un costo massimo fino al 20% sulla pensione percepita per 20 anni. L’APE sociale a carico dello Stato richiede 30 anni di contributi se disoccupati, invalidi o con parenti 1° grado con disabilità grave; servono 36 anni se in costanza di rapporto di lavoro di tipo usurante. Per queste categorie è necessario un reddito lordo massimo di 1.500 euro. Se il reddito è maggiore si paga una rata corrispondente alla parte eccedente. Il trattamento è riservato, come dicevamo, a disoccupati, disabili e categorie di lavoratori impegnati in attività usuranti, tra i quali il Governo ha aggiunto: maestre, operai edili, alcune categorie di infermieri, macchinisti, autisti di mezzi pesanti (bisogna aver svolto lavori usuranti per almeno metà dell’attività lavorativa o 7 anni negli ultimi 10 di lavoro). 

L’APE imprese è a carico del datore di lavoro e si applica come incentivo alla pensione anticipata nell’ambito di ristrutturazioni aziendali, prevedendo un’agevolazione fiscale che compensi in parte il costo del trattamento. La riforma delle pensioni è uno degli argomenti più controversi e dibattuti degli ultimi anni, soprattutto dopo quella del ministro Fornero del 2011 che, tra le varie problematiche sollevate, ha generato anche i cosiddetti lavoratori esodati, numerosi dei quali rimasti ancora oggi senza pensione né stipendio. Gli esecutivi che si sono succeduti in questi anni non sono ancora stati capaci di trovare una soluzione per far quadrare i bilanci che di dare una vecchiaia dignitosa a chi ha speso la propria vita a lavorare. In questi giorni l’argomento è tornato alla ribalta con l’attuale ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, che ha confermato l’ipotesi di un intervento sulla Legge Fornero in occasione della prossima legge di Stabilità, quindi per la fine del 2016. 

Tra le tematiche più spinose c’è sicuramente quella della flessibilità, in merito alla quale il ministro Poletti apre uno spiraglio per attenuare le rigidità della Riforma Fornero nel corso di un intervento al Senato. Per non gravare sui conti dello Stato, una soluzione potrebbe consistere nel ricalcolo contributivo dell’intera pensione, possibilità che però penalizza, e non poco, il lavoratore al quale l’assegno previdenziale verrebbe decurtato dal 15-20% fino al 30%. Si tratta in buona sostanza di ricalcare la soluzione già prevista per le lavoratrici, rendendola strutturale. Tra le ipotesi allo studio del Governo anche quella di consentire il cumulo delle contribuzioni versate in più Casse previdenziali al fine di maturare il diritto ad una prestazione pensionistica. Una modifica che si rende necessaria a fronte della realtà del mondo del lavoro, che ha portato le carriere lavorative ad essere sempre più discontinue. 

Non si escludono poi interventi a favore di chi svolge lavori di cura familiare e di chi svolge lavori usuranti. Sempre in tema pensioni, in un’intervista su Radio 24, il ministro Poletti si è dichiarato favorevole ad allargare la platea dei beneficiari del bonus di 80 euro in busta paga anche alle pensioni minime, possibilità anticipata dal presidente del Consiglio Matteo Renzi, a patto però che questo sia compatibile con i conti: «Questo è un tema – spiega Poletti – che è presente da quando si decise il bonus degli 80 euro ai lavoratori due anni fa; naturalmente questo è un tema che va affrontato all’interno della legge di Stabilità perché abbiamo una ovvia esigenza di compatibilità rispetto all’utilizzo delle risorse; sono favorevole naturalmente al fatto che anche le pensioni più basse abbiano un loro adeguamento. Lo dovremo vedere dentro a questo contesto generale di equilibrio della nostra economia e del nostro bilancio». 

Per ora, comunque, le intenzioni del Governo non sono ancora chiare e verranno probabilmente rese note in maniera più precisa con il DEF, il Documento di Economia e Finanza con il quale, entro la fine del mese di aprile, il Governo dovrà definire gli obiettivi di bilancio per i prossimi tre anni. Quello che appare ai pensionati, cosiddetti non poveri, ma nemmeno delle pensioni privilegiate come i 90 milioni mensili elargiti ai vitalizi, è una continua erosione del potere d’acquisto e un sempre più insidioso meccanismo per fare cassa come l’aver bloccato la contingenza a moltissimi pensionati nel biennio 2013 e 2014, che la sentenza della Corte Costituzionale del 2015 aveva sbloccato, ma Renzi, per ragioni di cassa, a suo dire e fare, non ha ottemperato in toto. 

A NordEst i poveri non mancano, ma non raggiungono la platea affollata delle altre realtà italiane: di conseguenza gli 80 euro da elargire saranno meno, ma probabilmente anche i voti al referendum per il “Sì” renziano, chiesto a ripetizione nel territorio del NordEst, non saranno moltissimi.