Sentenza di paternità gay del Tribunale di Trento sarà impugnata in Cassazione

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Trento Palazzo di Giustizia tribunale
La decisione del procuratore generale. Politica scatenata sui magistrati che emettono sentenze innovative del diritto vigente travalicando il loro ruolo

Trento Palazzo di Giustizia tribunaleLa sentenza della Corte d’appello di Trento che ha stabilito il diritto del riconoscimento di paternità di due gemelli nati da un utero in affitto in Canada da parte di due padri gay ha suscitato un putiferio politico sul ruolo dei magistrati e delle sentenze interpretative del diritto che di fatto si arrogano un potere (quello politico) che non è di loro competenza.

Intanto, sulla sentenza ci sarà l’ulteriore passaggio della Cassazione: «sto ancora lavorando al ricorso presso la Suprema Corte. In sostanza in aula mi ero opposto perché il provvedimento giuridico preso dalle autorità canadesi che riconosce la doppia genitorialità, in Italia non può essere riconosciuto per la contrarietà dell’ordine pubblico. Cioè per quel complesso di principi che regolano la normativa del nostro codice» afferma il sostituto procuratore generale di Trento Giuseppe Maria Fontana, dopo la sentenza che ha riconosciuto la “omogenitorialità” di due padri a Trento. 

Sul fatto che i giudici ritengano di aver agito per l’interesse superiore dei due minori che deve essere preponderante rispetto a qualsiasi altra cosa, Fontana osserva che «non c’era un difetto nemmeno prima. Questo interesse era già tutelato anche senza l’intervento prima della Corte d’Appello. E questo per almeno due considerazioni. Uno di loro era riconosciuto papà anche dall’ufficiale di stato civile di Trento che aveva registrato il certificato di nascita emesso in Canada. L’altro era comunque garantito nel suo ruolo dalla nuova legislazione sulle unioni civili. In Italia – aggiunge il magistrato – la maternità surrogata è vietata per legge. Ma io mi sono limitato ad approfondire la questione dell’acquisizione di un documento emesso dalle autorità giudiziarie canadesi che non poteva essere recepito in Italia perché mancavano i requisiti di legge. Ai fini processuali a me non interessava nemmeno sapere con certezza se uno dei due fosse veramente il padre biologico. Non era quello l’oggetto di questo processo che si è svolto soprattutto, come sempre, attraverso scritti e confronti giurisprudenziali. Sono cose di cui ha trattato l’Avvocatura dello Stato. Io mi sono limitato all’esame cronologico degli atti giudiziari».

Se sul fronte giuridico sarà la Cassazione a mettere l’ultima parola, sul versante politico le critiche alla sentenza sono veementi, anche perché ha dato la stura ad altre simili rivendicazioni, come nel Vicentino dove una coppia gay chiede il riconoscimento di una figlia “commissionata” negli Stati Uniti. Richiesta subito stoppata dal capogruppo della Lega Nord in Consiglio regionale, Nicola Finco: «chi non rispetta la legge non può rivendicare diritti, le norme nel nostro Paese sono chiare e puniscono duramente chi ricorre al cosiddetto utero in affitto. Un giudice serio non potrà che respingere la futura richiesta di questa coppia vicentina. Non solo hanno tolto a questa bimba la possibilità di avere una madre ma ora pretendono anche di far passare come normale la doppia paternità. Continueremo a lottare contro l’utero in affitto, i bambini non sono oggetti che si comprano, noi come Lega Nord continueremo a difendere i loro diritti».

Sul tema interviene il ministro alla Famiglia, Enrico Costa che critica l’operato del magistrato: «il giudice secondo me deve interpretare la norma vigente. Non deve pensare che la norma non ci sia e dunque vada costruita. E questo ragionamento vale anche per la “stepchild adoption”. Ci sono norme da affrontare, certo, ma sono norme che non contengono dei vuoti». Per Costa «le leggi ci sono, non deve intervenire la giurisprudenza con sentenze che già in passato ho definito creative per colmare i vuoti. Sostenere questo principio per il Parlamento italiano è una questione di orgoglio. Non c’è nessuna inerzia. E lo dico da parlamentare non da ministro. Più in generale, senza fare riferimento ad un caso piuttosto che ad un altro – aggiunge – se vi sono evidenti strappi effettuati dalla giurisprudenza rispetto alla legislazione vigente, è ragionevole che il Parlamento si interroghi se sussistano le condizioni per l’ intervento della Corte costituzionale, anche eventualmente attraverso un conflitto di attribuzioni». 

La “stepchild adoption”, ricorda anche Costa, «è stata stralciata perché la maggioranza aveva deciso di non ammetterla. C’ era stata una precisa volontà politica di non intraprendere quel percorso. Era un tema divisivo e si è deciso di eliminarla. Se qualcuno pensa che sia stata introdotta dalla legge sulle unioni civili si sbaglia. Tant’è che la giurisprudenza ha usato forzature interpretative per farla rientrare valutando solo i casi particolari». 

 Drastico il giudizio di Carlo Giovanardi, senatore di Idea: due gay «si sono procurati un bambino all’estero e sono stati premiati da una sentenza di signori che si sono inventati un principio contrario alla nostra Costituzione, alle nostre leggi, a quanto deciso dal Parlamento. Si sono inventati che non esiste più la maternità, ma che basti procurarsi in ogni modo un figlio, crescerlo, per poi dire che quello è figlio suo. Ma questi signori come si permettono?»

Giovanardi per meglio descrivere il suo pensiero utilizza un esempio: «sarebbe come se un giudice dicesse che sono da assolvere tutti quelli che rubano generi alimentari perché hanno fame. Non si può fare! O il Parlamento decide di abrogare il furto di cose commestibili o il furto resta tale e il magistrato deve applicare la legge! Questa è prepotenza di magistrati che pretendono di stabilire delle nuove regole, inventandosele. Adesso i vari Nichi Vendola chiederanno di andare a far diventare figli loro i figli che hanno comprato all’estero. Andrà in crisi anche il mondo dell’adozione. Chi è che andrà a pigliare un bambino in un orfanotrofio quando puoi ordinare un bambino già perfetto con queste pratiche? Ci incamminiamo su una strada di follia, che il Parlamento non si è mai sognato di avallare. Anzi, vogliamo trasformare l’utero in affitto in un reato universale. Questa è una pratica barbara da cancellare dalla faccia della terra». Giovanardi azzarda, poi, un paragone: «è evidente che c’è una strategia per distruggere la famiglia. Vogliono convincere la gente di una cosa folle. Vogliono far credere che la figura materna non esista. E poi sono gli stessi che nei canili dicono che il cagnetto appena nato non può essere tolto dalla mamma. I bambini invece appena nati possono essere presi e portati via da chi li ha comprati. Ma chi l’ha detto che il bambino con due papà non soffra? Ma chi l’ha detto che si debbano sconvolgere i principi della natura?»

Critico anche il costituzionalista e già presidente del Senato, Marcello Pera: «i diritti nascono da richieste di minoranze le quali riescono a ottenere consenso e promuovere un intervento dei parlamenti. Ma poiché questa è spesso una strada lunga, ecco che i singoli o le minoranze prendono la scorciatoia più facile: un tribunale o una corte suprema si trova sempre che dia ragione anche alle richieste più strampalate o più urtanti contro il senso comune o la morale tramandata, in nome di qualche bene che tutti a parole apprezzano. Si prenda il caso della sentenza di Trento – prosegue – chi vuol mettersi contro “l’interesse superiore del bambino”? Nessuno, ovvio. Ma chi dice che l’interesse superiore del bambino sia di avere due o anche tre padri e altrettante madri? Lo dice il giudice, che si attribuisce il potere di inventarsi la legge. E chi gli attribuisce questo potere? Bella domanda! Glielo attribuisce l’opinione pubblica, quella “progressista”, “moderna”, “tollerante”, la quale dice: “ma se quei due tre maschi amano tanto un bambino, perché non lasciarli fare”? Così – conclude Pera – il cerchio si chiude: l’indifferenza morale genera relativismo e questo genera stragi della tradizione, della cultura, della natura. Se non ci sono norme assolute, c’è il self-service».