Confcommercio, a maggio consumi e Pil ancora molto negativi

Consumi crollati del 29,4%. Bene la proposta di un taglio dell’Iva per rilanciare i consumi.

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caro spesa consumi Osservatorio consumi Confimprese-EY

Nonostante l’allentamento delle misure per il contenimento della pandemia e la graduale ripresa delle attività, a maggio la domanda delle famiglie ha stentato a trovare la strada per un rapido recupero con la conseguenza che i consumi e Pil sono ancora molto negativi. 

Confcommercio lancia un nuovo segnale di allarme e nel periodico aggiornamento segnala un crollo dell’indice dei consumi del 29,4%, in recupero però rispetto al -47% di aprile. E in questo clima giudica positivamente la proposta un eventuale taglio dell’Iva lanciata dal governo per rilanciare consumi e Pil, così come sta già accadendo in Germania fino alla fine del 2020, con il taglio dell’Iva dal 19 al 16%. 

A maggio sono comunque pochi i segmenti che registrano un segno positivo: l’alimentazione domestica, le comunicazioni e l’energia sono tra i pochi settori i cui consumi sono sopra i livelli di un anno fa. Confcommercio segnala che per molti segmenti non solo il recupero è modesto quanto, soprattutto, denso di incognite sul futuro prossimo, come nel caso della domanda di autovetture, dei consumi presso bar e ristoranti, dei trasporti e di tutta l’area legata al turismo ed allo svolgimento di attività d’intrattenimento e relazione. 

«Sulla velocità della ripartenza e sul suo consolidamento si gioca il futuro del Paese. Non bisogna trascurare i pericoli connessi all’avvio di un possibile corto circuito depressivo dei consumi e del Pil – afferma il responsabile del Centro studi di Confcommercio, Mariano Bella -. Il disagio sociale ha conosciuto un’esplosione nel mese di aprile, legata al deciso deterioramento delle condizioni del mondo del lavoro, dipendente e autonomo. Aspettative pesantemente negative su questo versante minano la fiducia delle famiglie, spingendole ad atteggiamenti ancora più prudenti nei confronti del consumo, con il pericolo di frenare il recupero».

Il crollo dei consumi per Confcommercio avrà effetti anche sulla crescita. Nel secondo trimestre il Pil è stimato ridursi del 17,4% rispetto al primo trimestre e del 21,9% nel confronto annuo. Considerando aprile come il punto di minimo congiunturale seguito dalla graduale ripresa di tutte le attività a partire da maggio, si stima per giugno una crescita congiunturale del Pil, al netto dei fattori stagionali, del 4,7%, dato che porterebbe ad una decrescita del 17,2% rispetto allo stesso mese del 2019. 

In questo contesto, Confcommercio giudica quindi con favore un eventuale taglio dell’Iva. «Bene l’ipotesi del Governo di sostenere consumi e domanda interna attraverso misure di riduzione dell’Iva – afferma il presidente Carlo Sangalli -, sarebbe un segnale importante di fiducia che abbiamo sempre auspicato. Che non sia, però, una misura eccessivamente provvisoria. Consumatori e imprese hanno bisogno di certezze per programmare e realizzare scelte di acquisto e di investimento indispensabili per rilanciare l’economia».

Il rischio è che un’eventuale, molto improbabile manovra sull’Iva, anche temporalmente limitata per il prossimo semestre, rimanga sulla carta per i costi che essa comporta, visto che il taglio di un punto sull’aliquota maggiore costa la bellezza di 4 miliardi di euro su base annua. Per dare uno spunto sufficiente alla propensione al consumo, il taglio dovrebbe essere di almeno 4-5 punti, portandola dall’attuale 22% ad almeno il 17-18%, cosa che comporterebbe un costo fino alla fine del 2020 di almeno 8 miliardi di euro, cui dovrebbero aggiungersene almeno altri 3 per un taglio dal 10 al 5% dell’aliquota intermedia che grava su gran parte dei beni di prima necessità.

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