Le nuove norme anti Covid svuotano alberghi, bar, ristoranti e negozi

La crisi morde sempre di più il modo delle imprese del commercio e dei servizi. Con il rischio di rimanere aperti ma senza clienti e con le spese fisse che galoppano. 

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crisi comparto Ho.Re.Ca.

Le nuove norme anti Covid-19 che hanno rilanciato l’obbligo del possesso del super green pass per l’accesso alla gran parte dei servizi pubblici oltre ad avere disorientato i consumatori e i turisti esteri, sta comportando la desertificazione di alberghi, bar, ristoranti e negozi.

Secondo Federalberghi, per il turismo anche il 2021 è stato un anno di bilancio in rosso e si tratta del secondo anno di fila che ha visto nell’anno appena terminato andare in fumo 148 milioni di presenze turistiche. Per fare un raffrontocon il 2019 (l’ultimo anno pre-pandemico), è come se si fosse cancellato un pernottamento su tre. Se guarda ai soli turisti stranieri, la perdita diventa di uno su due per un totale di 115 milioni presenze estere perse per oltre 10 miliardi di mancato fatturato.

«Non possiamo pensare che tutto sia passato che tutti abbiano ripreso a viaggiare come prima. Se è vero che vaccini e misure di distanziamento ci rendono più sicuri, non possiamo dimenticare che per molti è ancora vietato entrare nel Belpaese e che anche gli italiani vanno alla scoperta della propria nazione con maggiore difficoltà – afferma il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca -. In questo scenario, imprese e dipendenti degli hotel italiani hanno visto venir meno una ad una le misure di sostegno che avevano permesso la sopravvivenza delle aziende e dei relativi posti di lavoro: il credito d’imposta sugli affitti, l’esonero dal pagamento dell’Imu, la moratoria sui mutui e la cassa integrazione Covid».

La situazione non cambia per il settore della somministrazione alimentare che ha già perso 3,5 miliardi di fatturato: «le banche stanno chiudendo i rubinetti al settore Horeca – ristoranti, bar, pizzerie, pub e cocktail bar – perché considerato ad alto rischio fallimento. Il Centro studi di MIO Italia – afferma il presidente di Movimento Imprese Ospitalità, Paolo Bianchini -, sta monitorando la situazione, in via di peggioramento dalla fine delle festività natalizie. Infatti, oltre a negare il credito alla ristorazione, le banche stanno segnalando alla Centrale dei rischi tutte le piccole aziende in sofferenza».

Per Bianchini «è chiaro che senza liquidità fresca, immessa con nuovi ristori, la previsione di chiusura di altre 50.000 attività entro Pasqua sarà abbondantemente superata. Ricordo che a novembre, nonostante l’emergenza sanitaria, è calata pesantissima la mannaia del fisco. E che tra dicembre e inizio gennaio i locali hanno visto più che dimezzato il loro fatturato, a fronte dell’aumento dei costi di gestione. MIO Italia aveva previsto tutto ciò. Non a caso da oltre tre mesi – unica organizzazione a farlo – sta proponendo cinque azioni urgenti per salvare il settore Horeca. Ma il Governo rimane silente e la politica, tutta, clamorosamente assente».

Non va meglio sul settore commerciale dove le vendite di fine stagione sono avviate verso un sostanziale fallimento con un generalizzato calo degli affari e, soprattutto, degli acquirenti decisamente rarefatti causa il timore di entrare in contatto con qualche contagiato da Covid-19.

Il problema per tutti, aziende ed indotto, è che rimanendo aperti tutti gli esercizi devono sopportare i costi operativi (dal personale alle merci, ai costi stratosferici dell’energia), mentre gli incassi si fanno sempre più rarefatti, tanto che aumenta il numero di coloro che, con le nuove norme anti Covid,  parlano di vigore di un confinamento di fatto non dichiarato ufficialmente.

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