Manovra 2024: Giorgetti alla “cerca” di almeno 25 miliardi mancanti

Tra spese obbligate e impegni di maggioranza servono risorse “fresche”, ma non si può aumentare il debito pubblico e la pressione fiscale.

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manovra 2024

Il governo Meloni è impegnato a formulare la prima manovra finanziaria completamente di sua responsabilità, la manovra 2024, dopo la frettolosa approvazione di quella del 2023 già largamente impostata dal precedente governo Draghi.

Peccato che per costruire la manovra 2024 servano soldi e tanti per coprire le spese obbligate già in scadenza per circa 25-26 miliardi di euro, quando le disponibilità accertate sono di 6 miliardi scarsi. A queste si dovrebbero poi aggiungere il costo della rivalutazione all’inflazione delle pensioni, il rinnovo dei contratti del pubblico impiego statale, le risorse per attivare il taglio delle tasse, e molto altro ancora. Tutte cose per cui servirebbero almeno altri 40-50 miliardi di euro – di cui una trentina solo per le pensioni e i nuovi contratti – che non esistono neanche nella migliore delle ipotesi.

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Come se ne esce da questa situazione, dove il ministro alle Finanze, Giancarlo Giorgetti, è alla “cerca” di nuove risorse fresche da impiegare per attuare obblighi e promesse elettorali? Alzare ulteriormente la pressione fiscale– il 43% quella ufficiale, il 49% quella effettiva – è pressoché impossibile. Lo stesso dicasi per ricorrereulteriormente ad incrementare il debito pubblico, già generosamente accresciuto grazie all’impegno dei governi Conte 2 e Draghi, specie in una situazione di tassi crescenti che comportano altro aumento della spesa per coprire gli interessi sul debito pubblico.

Non rimane che battebre con decisione la strada della riqualificazione dell’enorme spesa pubblica – ben oltre i 1.000 miliardi –, sempre predicata ma mai attuata dai governi e dalle maggioranze degli ultimi vent’anni, per recuperare ogni anno almeno un 5% di spesa improduttiva tra sprechi e manomorte clientelari: farebbero circa una cinquantina di miliardi che potrebbero essere investiti validamente per la copertura degli obblighi di spesa e per attivare il taglio delle tasse.

Su questo versante il governo Meloni ed in particolare il premier si gioca la sua credibilità: lo Schiacciasassil’aspetta al varco.

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