Autonomia, la proposta Calderoli genera confusione

Martella: «il Pd Veneto non è contrario, ma la legge non è attuabile».

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Il ministro agli Affari regionali e autonomie, Roberto Calderoli.

La proposta di riforma Calderoli sull’autonomia «è un testo che genera confusione normativa, potenzialmente dirompente per l’unità del Paese e privo delle necessarie risorse finanziarie. Motivi sufficienti per giustificare il voto contrario del Partito Democratico – ha dichiarato il senatore e segretario regionale del Pd Veneto, Andrea Martella -. Non siamo certo contrari all’autonomia, ma questa legge non è concretamente attuabile, e non produce effetti positivi per i cittadini e per le imprese. Sembra più un’arma da brandire in vista delle prossime elezioni europee».

Per il segretario Dem del Veneto, la proposta Calderoli sull’autonomia «è un testo molto lontano da quello inizialmente presentato, e molto lontano dalle richieste della Lega in Veneto, e però rimane ambiguo, pieno di contraddizioni, difficilmente applicabile e soprattutto privo di risorse finanziarie».

Anche l’introduzione Livelli essenziali delle prestazioni (Lep) garantiti a tutti i cittadini su tutto il territorio nazionale, per Martella «l’assunzione del vincolo di invarianza finanziaria delle risorse rischia di confermare le attuali prestazioni erogate dallo Stato nei vari territori e sul piano finanziario, confermando la vituperata spesa storica. Non tutte le materie potranno essere oggetto di autonomia. Sarebbe stato più opportuno intervenire mediante legge costituzionale, come da noi richiesto a suo tempo, in modo da sottrarne alla competenza regionale alcune, come l’istruzione, le reti di comunicazione, la produzione e distribuzione di energia, che, come tristemente dimostrato dagli ultimi eventi che hanno interessato e continuano a interessare il mondo intero, sarebbe meglio se fossero di competenza statale».

Infine, secondo Martella non c’è più traccia «e questo è un bene del residuo fiscale, né della trattenuta dei nove decimi delle tasse sul territorio, che sarebbe stato incostituzionale».

Dal punto di vista tecnico, sono diverse le criticità individuate da Ivo Rossi, responsabile del forumRegionalismo e Autonomie” del Pd Veneto. «Da una parte, si afferma l’uniformità dei Lep su tutto il territorio nazionale – ha spiegato Rossi -; dall’altra, si introduce un vulnus per le regioni differenziate con l’affidamento del monitoraggio a commissioni paritetiche, con il rischio di una differenziazione dei criteri, modalità e tempi di verifica fra Stato e regioni differenziate, e anche fra singole regioni differenziate».

Sulla questione relativa alle intese, Rossi rileva che «se ogni singola intesa stabilisce i criteri, diverse potrebbero a rigore individuare criteri diversi, venendo meno a un principio generale che richiede la definizione di uguali criteri per tutte le regioni che ne facessero richiesta, ed anche per lo stesso Stato. Le intese, in quanto atti bilaterali, non potrebbero fissare criteri, che necessariamente dovrebbero invece essere a valenza generale, ma limitarsi all’individuazione delle funzioni da conferire alla Regione richiedente. Per stabilire un adeguato coordinamento interistituzionale, i criteri dovrebbero essere stabiliti dal disegno di legge e poi applicati in modo omogeneo a tutte le regioni richiedenti, e anche allo Stato, da un soggetto istituzionale indipendente operante a livello nazionale».

Infine il ruolo del Parlamento, se è vero che il disegno di legge ne prevede un maggior coinvolgimento, «resta acclarato però che non potrà emendare il contenuto delle intese, a conferma di una sostanziale marginalizzazione del suo ruolo».

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