Mercato auto europeo alle porte della stagnazione

Dopo 16 mesi di continua crescita arriva la frenata. Piagnisteo delle case per la scarsa penetrazione dell’auto elettrica. Cresce la motorizzazione a benzina e tiene il Diesel che andrebbe rilanciato per il suo ridotto impatto ambientale.

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Secondo l’analisi del Centro studi Promotor, per il mercato auto europeo «è finita la pacchia» perché a dicembre 2023, dopo sedici mesi di crescite consecutive, il mercato dell’area accusa un calo del 3,8%, anche se il consuntivo dell’annata è comunque ancora positivo.

Il bilancio complessivo del mercato auto europeo nel 2023 chiude a quota 12.847.481 con un incremento del 13,7% sul 2022, ma con un calo di ben il 18,7% sul 2019, che è l’anno che ha preceduto la pandemia e che resta il primo obiettivo da raggiungere per il ritorno alla normalità.

A sostenere il mercato sono state principalmente le aziende che hanno fronteggiato i consistenti aumenti del costo delle auto nuove, fattore che ha invece frenato gli acquisti dei privati. Sull’andamento complessivo del mercato auto europeo, pesa anche l’esaurimento delle code di ordini insoddisfatti a causa della carenza della componentistica, che ora torna ad una situazione ordinaria dello smaltimento degli ordinativi.

Quanto alla composizione del mercato, le auto a benzina sono in crescita, mentre le auto elettriche non sfondano, anzi arretrano tra i piagnistei delle case costruttrici che non vedono remunerarti gli ingenti investimenti fatti per abbracciare la fallimentare scelta dell’elettrificazione della mobilità decisa a livello politico da una classe di amministratori europei incartata da abili lobbisti cinesi interessati solo ad aprire un mercato finora chiuso e che non ha reagito sufficientemente a quella che si prospetta come una disastrosa invasione in dumping così come avvenuto negli anni scorsi per l’elettronica di consumo e per i pannelli fotovoltaici, tanto più che in Cina c’è una sovracapacità produttiva e una generale disaffezione dei consumatori cinesi verso l’auto elettrica complici i suoi limiti di utilizzo.

In attesa che il nuovo europarlamento rimetta le cose a posto e sani gli errori dei pasdaran ambientalisti, a partire dalla cancellazione del divieto di vendita di veicoli con motore a combustione dal 2035, è opportuno che il governo Meloni nel varare la nuova campagna di incentivi faccia tesoro dell’esperienza maturata sul mercato italiano, dove l’auto elettrica non si acquista nemmeno con i ricchi contributi statali spesso duplicati a livello regionale, resistendo allo scenario di regalare alla manifattura largamente estera – cinese in particolare – fino a 13.750 euro per spingere l’acquisto di ogni auto elettrica per i consumatori a basso reddito, cosa che costituirebbe un clamoroso contrappasso per un ministero che si fregia di essere del “Made in Italy”. Per non dire di quello che sta accadendo negli altri paesi, europei e non, dove c’è una consistente marcia indietro dalla mobilità elettrica.

Poi, oltre al ministro dell’Industria, Alfredo Urso, che sta definendo la nuova tornata di incentivi, sarebbe interessante conoscere la posizione di quella Lega Salvini che, a parole, si è sempre detta contraria alla facilitazione della penetrazione dell’auto cinese specie se elettrica sul mercato italiano. Attendiamo risposte per evitare di assistere al solito esercizio di dare aria alle corde vocali mentre la manifattura nazionale di settore va a scatafascio.

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