Fisco bulimico: oltre 100 tasse quando ne baserebbero solo 10

Secondo la Cgia di Mestre l’eccesso di tasse, oltre a non assicurare il gettito sperato, complica solo la vita ad aziende e cittadini.

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Riforma del fisco fisco bulimico

In campo fiscale al legislatore non manca certo la fantasia, anzi: si è dinanzi ad un vero e proprio fisco bulimico, oltre a essere bersagliati da oltre 100 tasse di tutti i generi, con un numero di scadenze fiscali da far rabbrividire anche il contribuente più zelante e con un prelievo tributario tra i più elevati d’Europa. A denunciarlo è la Cgia di Mestre.

«Tenendo conto che dall’applicazione di una novantina di tasse, tributi e contributi l’erario incassa solo il 15% del gettito totaleannuo – segnala il coordinatore dell’Ufficio studi dell’Associazione artigiani di Mestre, Paolo Zabeo – con una seria riforma fiscalebasterebbero poco più di 10 imposte per consentire ai contribuenti italiani di beneficiare di una riscossione più contenuta, di lavorare con più serenità e con maggiori vantaggi anche per le casse dello Stato che, molto probabilmente,  da questa sforbiciata vedrebbero ridursi l’evasione».

Le imposte che pesano di più sui portafogli dei cittadini italiani sono due e garantiscono più della metà (il 55,4%) del gettito totale: esse sono l’Irpef e l’Iva. Nel 2017 la prima (Imposta sul reddito delle persone fisiche) ha garantito all’erario un gettito di 169,8 miliardi di euro (il 33,8%, ovvero un terzo del totale) mentre la seconda (Imposta sul valore aggiunto) ha consentito di incassare 108,8 miliardi di euro (21,6%).

Per le aziende l’imposta più pesante è l’Ires (Imposta sul reddito delle società), che l’anno scorso ha consentito all’erario di incassare 34,1 miliardi di euro. Di particolare rilievo anche il gettito riconducibile all’imposta sugli oli minerali che è stato pari a 26 miliardi e quello ascrivibile all’Irap (Imposta regionale sulle attività produttive) che ha assicurato 22,4 miliardi di euro.

Oltre ad avere un peso fiscale eccessivo, rimane altrettanto inaccettabile che il grado di complessità raggiunto dal fisco scoraggi la libera iniziativa e la voglia di fare impresa. Oltre a ciò, la Cgia ribadisce ancora una volta che non è nemmeno più rinviabile una riflessione sull’“assetto” della Magistratura giudiziaria che coinvolga non solo gli addetti ai lavori.

«Il sistema fiscale – ribadisce Zabeo – è costituito da 3 figure cardine: il legislatore, l’amministrazione finanziaria e la giustizia tributaria. Ad ognuno di questi soggetti la Costituzione conferisce una funzione e non è ammessa alcuna sovrapposizione di ruoli. Le Commissioni tributarie, però, si avvalgono della struttura organizzativa ed economica del ministero dell’Economia e delle Finanze a cui appartiene anche l’Agenzia delle entrate che è la controparte del contribuente. In alcun modo si può mettere in discussione l’indipendenza, l’autonomia e l’imparzialità dei giudici tributari, tuttavia il problema sussiste e nel contenzioso giuridico tra fisco e contribuente lo squilibrio c’è e, purtroppo, è a vantaggio dell’amministrazione finanziaria».

C’è anche la questione dei tempi e dei costi della burocrazia fiscale che sono diventati una patologia che caratterizza negativamente tutto il Paese. «Non è un caso – dichiara il segretario della Cgia, Renato Mason – che molti operatori stranieri non investano da noi proprio anche a causa dell’eccessiva ridondanza del nostro sistema burocratico. Incomunicabilità, mancanza di trasparenza, incertezza giuridica e adempimenti troppo onerosi hanno generato un velo di sfiducia tra imprese e pubblica amministrazione che non sarà facile rimuovere in tempi ragionevolmente brevi».

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