Medici del Trentino verso lo sciopero contro le decisioni unilaterali della Provincia

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medici intervento chirurgico sala operatoria 1Ioppi: «siamo dei professionisti e gradiremmo essere interpellati prima di vederci calare dall’alto decisioni unilaterali che non vanno verso gli interessi degli assistiti»

La sanità trentina è sempre più in difficoltà. Dopo le lungaggini connesse con l’attivazione del moderno centro di protonterapia, del quale solo l’altro giorno è stata siglata la convenzione biennale con la regione del Veneto, fino ad oggi è costato un milione di euro al mese facendo poco o nulla, le problematiche connesse con il riassetto dei servizi resi dagli ospedali, la questione del ticket aggiuntivo sulla specialistica e sulle medicine, il notevole esodo di pazienti trentini verso le sanità di Veneto e Lombardia ritenute più efficienti e sicure che comportano un esborso di 18 milioni di euro nel solo 2013, ecco la nuova diatriba sugli stipendi dei medici trentini, colpevoli di guadagnare più della media dei loro colleghi d’Italia.

La giunta provinciale di Trento ha proposto il taglio del 40% del premio di risultato, successivamente ridotto al 20% dinanzi alla sollevazione della categoria. Non solo: se la giunta non ritirerà la proposta unilaterale di taglio agli stipendi, i medici ospedalieri lunedì 22 dicembre scenderanno in sciopero e si atterranno alle strette prestazioni indispensabili, facendo venire meno quel monte di oltre 200.00 ore di straordinario forfetizzato che fino ad oggi ha permesso all’Azienda sanitaria di evitare l’assuzione di almeno 150 medici ospedalieri.

Con Marco Ioppi, neo presidente dell’Ordine dei medici del Trentino e dirigente dell’area materno-infantile dell’Azienda per i servizi sanitari della Provincia il punto della situazione.

Dottor Ioppi, è proprio necessario questo sciopero?

Si tratta di una decisione difficile, ma che è indispensabile per sottolineare il malessere dei medici ospedalieri che sono stufi di subire le decisioni dall’alto senza che nessuno in Provincia si senta in dovere di chiederci preventivamente quale sia la decisione migliore per offrire servizi sanitari di qualità ai cittadini. Negli ultimi tempi si è detto tutto e il suo contrario. La politica sembra impegnata più ad evitare di deludere il proprio elettorato di valle piuttosto che a fare un serio esame di coscienza per assicurare ai cittadini i servizi sanitari migliori. Crediamo che la classe politica debba investire maggiormente sulla professionalità della classe medica trentina, che è elevata. Chiediamo di essere coinvolti nelle decisioni per assicurare servizi di qualità al minor costo, perché risparmiare è sicuramente possibile tagliando gli sprechi più che gli stipendi.

Nella categoria c’è demotivazione e sfiducia…

Non è bello sentirsi dipingere solo come dei ricchi dipendenti. Un medico dirigente ha sulle proprie spalle una responsabilità notevole, professionale ed umana prima che civile e penale nei confronti dell’assistito. I medici trentini negli ultimi anni hanno assicurato alla collettività prestazioni ben oltre allo stretto mansionario, tanto che oggi grazie al nostro impegno l’Azienda sanitaria può fare a meno dell’equivalente di circa 150 medici che altrimenti avrebbe dovuto assumere.

Marco ioppi primario ostetrici ginecologia ospedale rovereto 1Agire d’imperio come qualche politico crede di poter fare porta solo a demotivazione e al rischio di deresponsabilizzazione tra i medici ospedalieri. Non lottiamo solo per il nostro stipendio che verrebbe tagliato unilateralmente senza alcuna trattativa sindacale, ma vogliamo essere considerati dei protagonisti della sanità trentina, perché crediamo di conoscere il settore meglio di qualche politico o burocrate che cala dall’alto decisioni. Il medico non deve essere un mero esecutore di ordini altrui o un interprete degli impegni finanziari. Siamo dei professionisti della sicurezza e del benessere della nostra comunità e come tali vorremmo continuare ad esserlo per aiutare le persone a stare bene, senza pensare ad altro. In caso contrario il rischio è che si vada verso una sanità che si limita ad osservare, priva di responsabilità, che ai risultati preferisce la rigida osservanza degli obblighi e degli equilibri finanziari.

Ma lo stipendio dei medici trentini è o no alto?

Se si guarda alle responsabilità professionali, civili e penali e ai risultati conseguiti, direi che sono adeguati. I nostri stipendi vanno dagli 80.000 euro annui lordi di un medico ospedaliero senza incarichi di responsabilità ai 150.000 euro annui lordi (circa 5.000 euro netti al mese) dei primari responsabili di strutture complesse. Il medico che opera ha su di sé una responsabilità enorme, ma la sua deontologia gli impone di cercare sempre di fare il massimo per assicurare il bene dell’assistito. Certo, il rischio di imprevisti e complicanze è sempre in agguato, ma non sempre questo è sempre prevedibile. E il rischio sempre più comune è di vedersi sottoposti a richieste di risarcimento, anche molto pesanti, con conseguenti oneri civili, penali e finanziari, visto che sui medici pesa anche l’obbligo di coprirsi personalmente con assicurazioni che hanno premi molto elevati. Se si vuole stare sul piano dei costi, se la politica avesse la bontà di consultarci, si potrebbe tranquillamente razionalizzare la spesa sanitaria trentina agendo sulle strutture e sulle prestazioni. Ma questo implica delle decisioni che fino ad oggi la politica trentina non ha voluto prendere per paura di perdere il consenso.

Che genere di risparmi si potrebbe fare sulla struttura sanitaria?

Si è già detto dell’assetto organizzativo della rete ospedaliera trentina: oggi non è possibile mantenere sul territorio ospedali che erogano servizi con pochissimi casi all’anno. Come medici abbiamo più volte esposto la necessità di concentrare i servizi ad alta intensità tecnologica e specializzazione solo nei due ospedali principali di Trento e Rovereto per assicurare agli assistiti il massimo della moderna medicina. Prima la politica e poi la popolazione si è sollevata a difesa della sanità sotto casa, facendo finta di non sapere che non sempre l’ospedale più vicino può erogare il meglio delle cure possibili per una mera ragione di convenienza, ma così sprecando ingenti risorse economiche ed umane. Si fa ancora finta di non vedere che già oggi una larghissima fetta di popolazione si muove sul territorio per avere prestazioni sanitarie migliori, alcuni andando fuori provincia nelle realtà confinanti anche quando non ci sono le ragioni di qualità e di specializzazione. Se chi deve decidere ci consultasse, si potrebbe arrivare per ciascuna specialità ad una razionalizzazione dei comportamenti e delle pratiche, in modo da eliminare gli accertamenti in eccesso che oggi esistono e che implicano costi non giustificati. Si tratta di codificare congiuntamente nuove pratiche basate su dati oggettivi e scientifici basati sulla pratica medica quotidiana, senza che siano decisioni calate dall’alto da qualcuno che la sanità la conosce poco.

Si potrebbe anche agire sulla cosiddetta “medicina difensiva”…

Questo è un aspetto sempre più grave della sanità, visto che sempre più spesso si assiste ad azioni di rivalsa giudiziaria nei confronti dei medici che non sempre si rivelano fondate, spalleggiati anche da iniziative legali che non esito a definire spregiudicate. Ciò causa da parte dei medici un ricorso eccessivo alla cosiddetta “medicina difensiva”, ricorrendo ad un numero ridondante di analisi ed accertamenti, con il rischio che si passi rapidamente dalla “medicina difensiva” a quella “osservativa” o, peggio, a quella “negativa”, dove il medico per evitare l’assunzione di rischi eviti di praticare cure che potrebbero sì comportare rischi per il malato, ma anche guarirlo da patologie che altrimenti ne comprometterebbero la sua qualità di vita o la sua stessa vita, ma che espongono il medico anche a rischi professionali. Già oggi, la “medicina difensiva” comporta maggiori costi per circa l’1% del Pil nazionale. In questo frangente, la sanità potrebbe risparmiare facendo sì che l’Azienda coprisse pienamente il rischio in capo ai propri medici, che sono dei dipendenti a tempo pieno.

Cosa succederebbe alla sanità trentina se i medici ospedalieri rispettassero rigidamente il loro mansionario?

Ci sarebbe una riduzione netta dei servizi offerti alla cittadinanza, ad iniziare dalle visite specialistiche per le quali i tempi di attesa si allungherebbero ulteriormente e per le ore in sala operatoria. Se il medico svolge un ruolo da mero impiegato con 38 ore di lavoro settimanali non si va da nessuna parte, sempre che non si decida di assumere massicciamente altri medici con i conseguenti costi aggiuntivi. Le ore di straordinario che oggi i medici offrono a forfait per un totale di circa 200.000 ore consentono di offrire prestazioni in molti casi di assoluta qualità e liste d’attesa con tempi accettabili.

In Trentino si parla sempre di collaborazione transfrontaliera con l’Euregio Tirolese: ciò è estensibile anche al comparto sanitario?

Potrebbe essere uno scenario realizzabile, basta che la politica lo voglia. Ma questo implicherebbe la scelta di precise specializzazioni per ciascuna realtà, in modo da arrivare a centri di eccellenza unici nel territorio delle tre regioni dell’Euregio senza duplicazioni: non so se questo è un passo che la politica trentina ha voglia di affrontare, visto le battaglie che fa per mantenere al completo i servizi attivi presso ciascun ospedale di valle. In Tirolo, realtà simile a quella trentina per territorio e condizioni orografiche, le decisioni che la politica trentina tarda a prendere in campo sanitario sono già state fatte. In provincia si è investito massicciamente sul servizio di eliambulanza per avere copertura d’emergenza in una manciata di minuti su tutto il territorio. Lo scenario deve andare necessariamente verso la concentrazione delle eccellenze in uno o due poli provinciali, mantenendo sul territorio solo i servizi di poliambulatorio non specialistici e la sanità di base. Non ci sono alternative sempre che non si voglia investire risorse economiche ed umane molto maggiori che attualmente non esistono.