Combustibili solidi secondari (Css): a Pordenone convegno degli industriali

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riciclare materie plastiche
riciclare materie plasticheAgrusti: « adottarli significa evitare sprechi e danni ambientali». Parere positivo del Cro di Aviano, Politecnico di Milano, Legambiente e Università di Trieste

Aumentare la competitività delle imprese tutelando salute pubblica e ambiente: un obiettivo perseguibile che coinvolge direttamente, nella martoriata filiera delle costruzioni, anche l’industria del cemento, soggetto in grado di aumentare rendimento e ricadute positive per il territorio adottando i combustibili solidi secondari (CSS) che trovano impiego in sostituzione di quelli tradizionali.

I dettami dell’Unione Europea – che ha indicato già da tempo agli stati membri la strada del minor inquinamento proprio attraverso l’utilizzo di CSS –  sono chiari ma, come spesso accade, di difficile attuazione.

Un matrimonio che s’ha da fare, come robustamente ribadito nel convegno organizzato da Unindustria Pordenone e Confindustria Padova, cui hanno partecipato, moderati da Luca Passadore, vice direttore della Territoriale veneta, esponenti legati al mondo dell’industria del cemento, del riciclo dei rifiuti urbani e della salvaguardia della salute pubblica e dell’ambiente.

Michelangelo Agrusti, presidente di Unindustria, parlando a livello macroeconomico, ha spiegato che «abbandonare milioni di tonnellate di rifiuti in discarica è uno spreco economico enorme, oltre che un danno ambientale che assume connotati paradossali per un Paese, come l’Italia, che ha da sempre un problema di forte dipendenza dalle importazioni di energia dall’estero. Abbiamo esempi virtuosi di adozione dei CSS in tutta Europa da oltre due decenni, in particolare Germania, Olanda, Austria e Svezia. La produzione e combustione del CSS – ha aggiunto – è sostenibile sotto il profilo sociale perché la sua filiera non è in contrasto con la raccolta differenziata, ed anzi si integra pienamente a questa ed al recupero di materia permettendo, durante la fase di produzione, di ricondurre al riciclo parte dei rifiuti indifferenziati che sfuggono alla raccolta differenziata».

«L’arretratezza italiana rispetto all’UE nella pratica virtuosa della valorizzazione energetica dei combustibili solidi secondari derivati da rifiuti – ha spiegato Daniele Gizzi, dirigente ambientale di Aitec – è dannosa per l’ambiente poiché cagiona un mancato contenimento delle emissioni di CO, favorisce l’utilizzo delle discariche ed è la causa dei 40 milioni di euro che l’Italia paga ogni semestre all’Europa per la cattiva gestione dei rifiuti».

Un paradosso reso ancor più evidente dagli incisi del presidente di Ambiente Servizi Spa, Isaia Gasparotto e David Rumiel, secondo i quali il virtuosismo compiuto dalla multi utility nella  gestione dei rifiuti urbani, teso a massimizzare sia il recupero dei materiali riciclabili sia la valorizzazione termica di quelli non riciclabili, viene in parte vanificato poiché il combustibile solido secondario prodotto, «se rimanesse in Italia è stato detto – avrebbe come unica destinazione possibile la discarica». Trasportato oltre confine, anche a migliaia di km di distanza, se ne deduce, viene perciò utilizzato da cementerie estere che, riducendo i propri costi energetici, sfiancano commercialmente quelle italiane.

Assai ampia la parentesi dedicata alla tutela della salute umana e dell’ambiente, aspetti che nel caso di specie coincidono. Stefano Cernuschi, ordinario di Ingegneria sanitaria-ambientale al Politecnico di Milano ha illustrato le implicazioni ambientali dell’utilizzo di combustibili alternativi derivati da rifiuti, urbani e industriali nella produzione di cemento sostenendo che «questa specifica pratica di recupero energetico, una volta monitorate le emissioni in atmosfera, valutata la presenza di nano polveri e testati i cementi, non ha evidenziato criticità».

Mauro Tretiach, del dipartimento di Scienze della vita dell’Università di Trieste, si è soffermato sul suo studio di biomonitoraggio effettuato con tecnica innovativa, ora citata anche nelle riviste scientifiche internazionali – l’utilizzo dei licheni per “catturare” tutte le sostanze inquinanti disperse in atmosfera – dal quale non emerge alcuna evidenza negativa dell’impatto emissivo che il cementificio, secondo alcuni, causerebbe.

Umberto Tirelli, Direttore del dipartimento di Oncologia Medica del CRO di Aviano ha ricordato che per quanto riguarda l’incidenza del carcinoma del polmone sia nelle aree circostanti il cementificio di Fanna – Travesio sia per quanto riguarda l’incidenza dei tumori nelle aree circostanti l’acciaieria ABS di Pozzuolo del Friuli, va sottolineata l’assenza di aumento del carcinoma del polmone, la patologia tumorale per la quale la letteratura riporta un’associazione con gli inquinanti atmosferici a cui si può essere esposti per via inalatoria. Secondo il Registro Tumori del Friuli Venezia Giulia, l’incidenza dei tumori nella zona analizzata intorno al cementificio e all’acciaieria risulta sovrapponibile a quanto registrato nell’intera regione Friuli Venezia Giulia e nella provincia di Udine nel suo complesso.

Secondo Legambiente, spesso intervenuta sul tema, il problema è anche di natura politica: da una parte il governo Monti con decreti atti a garantire le semplificazioni per l’uso dei CSS negli impianti industriali esistenti e nei cementifici; dall’altra lo Sblocca Italia che spinge molto sull’incenerimento. Comunque sia, è emerso ancora, bruciare CSS nei cementifici è meglio che farlo in un inceneritore sotto il profilo delle emissioni di CO.