Carni, consumi flop dopo l’allarme lanciato dall’OMS

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Wurstel e preparati in scatola i più colpiti. In crescita del 3% gli avicoli freschi

 

wurstelPuntuale all’allarme lanciato nei giorni scorsi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità ed in particolare dall’agenzia per la ricerca sul cancro Iarc, è scattata la fobia per i consumi di carne rossa ed in particolare di quella lavorata.

Secondo di dati elaborati da Iri per Assica, l’associazione dei produttori di carni e salumi, nella settimana dell’annuncio (dal 26 ottobre al 1 novembre) sul presunto legame tra carni fresche e trasformate con l’insorgenza del cancro, le vendite nella grande distribuzione sono scivolate mediante dell’8,7%, con punte fino al 17% di calo per i wurstel, mentre la carne in scatola è arretrata del 14,7%, la carne lavorata dell’11,6%, i salumi del 9,8%, la carne fresca del 6,8%. 

Secondo Iri la contrazione delle vendite nei canali della grande distribuzione è stata di 16 milioni di euro. Dal tracollo generale, si salva solo la carne bianca fresca che, a due settimane dalla comunicazione dell’OMS, registra una crescita del 3%. 

Aldo Radice, condirettore di Assica, commenta che «nella grande confusione il travaso sulla carne bianca è stato minimo perché nel consumatore è prevalso un atteggiamento di prudenza. La verità è che quei 16 milioni di vendite perse non li rivedremo più: la settimana successiva i consumatori non acquistano il doppio di carne e salumi». Secondo Iri, l’allarme OMS interrompe la ripresa della filiera dopo un periodo di difficoltà dell’intero comparto di carni e salumi. 

Il contraccolpo sull’export italiano, che per il settore vale 1,35 miliardi nel 2014, è in agguato, anche se finora non c’è stato, anche a causa dell’andamento degli ordini programmati a media scadenza. 

Per tamponare le reazioni del mercato, secondo Assica bisogna puntare sulla sensibilizzazione dei consumatori e sulle peculiarità della filiera italiana e sugli stili di vita: in Italia si consumano appena 20-25 grammi al giorno di salumi e carni conservate. Molto meno di altri Paesi, che percentualmente hanno pesato molto nei risultati della ricerca OMS.