Pamalat, altro giudizio di congruità boccia Opa Lactalis per via del prezzo inadeguato

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La valutazione fatta da Intermonte su richiesta dei fondi Amber, Gamco e dai piccoli soci di Azione Parmalat valuta la società di Collecchio tra i 3,02 e 3,52 euro ad azione

ParmalatIl giudizio di congruità (fairness opinion) di Intermonte boccia l’Opa di Lactalis su Parmalat. Il prezzo di 2,8 euro offerto dai francesi «non è adeguato» scrive Intermonte, che valuta Parmalat tra i 3,02 e i 3,52 euro ad azione sulla base dei multipli di mercato e tra i 2,9 e i 3,58 euro in base ai flussi di cassa attualizzati. Il giudizio, chiesta dai fondi Amber, Gamco e dai piccoli soci di Azione Parmalat, è stato messo a disposizione del consiglio di amministrazione che però non l’ha considerato nel valutare la congruità del prezzo dell’opa.

Il documento firmato dal capo dell’investment banking di Intermonte, Fabio Pigorini, arriva a conclusioni diverse da quelle dell’advisor Leonardo incaricato dai vertici dell’azienda, che ha giudicato l’Opa congrua, e da quelle dell’advisor degli amministratori indipendenti, Lazard, che ha considerato il prezzo equo (“fair”) anche se collocato nella parte bassa della sua forchetta di valori.

Intermonte valuta di più Parmalat perché, a suo avviso, andrebbe misurata sulla base delle stime relative al 2018, quando saranno state digerite le acquisizioni dell’ultimo biennio, oggi non in grado di esprimere tutto il loro potenziale in termini di redditività. I risultati del 2016, spiega infatti Intermonte, risentono «dell’impatto finanziario» delle acquisizioni ma non rispecchiano «i potenziali miglioramenti nei risultati operativi» delle società acquisite, «che potrebbero consentire al gruppo di raggiungere margini operativi in linea con i suoi livelli storici». Pesa inoltre sui conti «la performance negativa del gruppo in certi mercati (come l’America Latina) principalmente dovuti alle attuali condizioni macroeconomiche di questi Paesi». 

Si tratta di considerazioni non troppo dissimili da quelle della presidente di Parmalat, Gabriella Chersicla, che nell’assemblea dell’aprile 2016, in risposta alle critiche dei fondi sull’andamento dell’azione, aveva detto che «i corsi di borsa risentono del forte impegno finanziario (oltre 800 milioni in due anni, ndr) che il gruppo sta affrontando al fine di aggiornare l’assetto industriale. Anche per tale ragione – aveva detto – il Gruppo non è attualmente in grado di esprimere tutto il potenziale reddituale che tornerà ad esprimere pienamente una volta completato il piano di investimenti». 

Intermonte, al pari di Lazard e Leonardo, non considera poi i potenziali effetti del contenzioso incrociato con Citigroup, che potrebbe valere fino a un euro per azione nello scenario migliore e costare fino a 0,5 euro ad azione in quello peggiore. E sottolinea, al pari di Lazard, come Lactalis non abbia previsto strumenti finanziari da assegnare agli aderenti all’Opa per farli partecipare agli eventuali proventi delle cause. 

Il giudizio di Intermonte era stato presentato alla Consob e al consiglio di amministrazione di Parmalat, che però non l’aveva preso in considerazione. Una scelta da cui si era «dissociato» il consigliere delle minoranze Umberto Mosetti, critico anche rispetto alla decisione «di non dare evidenza» al lavoro di Intermonte «nel comunicato dell’emittente» con cui il Cda si è espresso a favore della congruità dell’Opa. 

L’offerta di Lactalis è l’ultimo capitolo di un duro braccio di ferro con gli azionisti di minoranza, con in testa il fondo Amber, da anni critici verso la gestione dei francesi, oggetto di rilievi e interventi anche da parte delle Consob e magistratura. Per togliere dal listino di Borsa Parmalat e gestirla in totale libertà Lactalis, che possiede l’87,7% del capitale, deve riuscire ad arrivare al 90%: per ora l’Opa procede a rilento (con l’adesione di 580.000 azioni) e la Borsa chiede un rilancio (il titolo tratta a 2,95 euro), ma la partita si deciderà il prossimo 10 marzo, quando l’Opa terminerà.