Caos fiscale: nel 2016 pubblicate 2.000 pagine tra circolari esplicative e risoluzioni

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La denuncia della Cgia di Mestre che svela il volto decisamente poco amico del braccio esattivo del governo italiano 

fisco agenzia entrate cartelloFisco amico? Meglio non cadere nel ridicolo, stando alla ridondante produzione di norme, leggine, regolamenti, decreti direttoriali ed altre amenità del genere che hanno come unico risultato di rendere quanto mai intricata e complessa la maglia del fisco italiano.

Secondo un’indagine condotta dalla Cgia di Mestre, nel 2016 tra leggi e decreti legge in materia fiscale ne sono stati approvati 11, queste novità legislative hanno modificato 110 normative esistenti; inoltre, sono stati emanati 36 decreti ministeriali composti da ben 138 articoli; il direttore dell’Agenzia delle Entrate ha firmato 72 provvedimenti, infine gli uffici del ministero delle Finanze e dell’Agenzia delle entrate hanno pubblicato 50 circolari e 122 risoluzioni costituite, complessivamente, da quasi 2.000 pagine.

La denuncia degli artigiani di Mestre mette in luce in maniera inequivocabile un aspetto: nonostante le promesse politiche, l’oppressione fiscale sta debordando sempre più, disorientando non solo i contribuenti, ma anche gli addetti ai lavori; come i Caf, i commercialisti e gli esperti delle associazioni di categoria.

«Con un sistema fiscale così complesso, estremamente farraginoso, spesso contradittorio e poco trasparente – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo – non dobbiamo sorprenderci se l’anno scorso 21 milioni di contribuenti, pari al 54% circa del totale, avevano una pendenza economica con Equitalia inferiore a 1.000 euro. Sicuramente tra questi debitori ci sono anche coloro che, probabilmente, non hanno pagato il bollo dell’auto o il canone Rai, ma la grande maggioranza è costituita da soggetti vittime di un fisco arcaico e spesso indecifrabile, che in questi ultimi anni ha fatto aumentare in misura esponenziale il rischio di commettere errori formali a seguito di un ingorgo normativo che non ha eguali nel resto del mondo”.

Oltre ad avere un peso fiscale in Italia che rimane tra i più elevati tra i paesi più industrializzati, rimane altrettanto inaccettabile che il grado di complessità raggiunto dal fisco scoraggi la libera iniziativa e la voglia di fare impresa. Oltre a ciò, la Cgia precisa che non è nemmeno più rinviabile una riflessione sull’“assetto” della magistratura giudiziaria che coinvolga non solo gli addetti ai lavori. 

«Il nostro sistema fiscale – conclude Zabeo – è costituito da 3 attori: il legislatore, l’amministrazione finanziaria e la giustizia tributaria. Ad ognuno di questi soggetti la Costituzione conferisce una funzione e non è ammessa alcuna sovrapposizione di ruoli. Le Commissioni tributarie, però, si avvalgono della struttura organizzativa ed economica del ministero dell’Economia e delle finanze a cui appartiene anche l’Agenzia delle entrate che è la controparte del contribuente. Ora, nessuno mette in discussione l’indipendenza e l’imparzialità dei giudici tributari, ci mancherebbe, sta di fatto che il problema esiste e nel contenzioso giuridico tra fisco e contribuente lo squilibrio c’è e, purtroppo, è a svantaggio di quest’ultimo».  

Più in generale, secondo l’Associazione artigiani di Mestre, i tempi e i costi della burocrazia sono diventati una patologia che caratterizza negativamente tutto il Paese. «Non è un caso – dichiara il segretario della Cgia, Renato Mason – che molti operatori stranieri non investano da noi proprio per l’eccessiva ridondanza del nostro sistema burocratico. Incomunicabilità, mancanza di trasparenza, incertezza giuridica e adempimenti troppo onerosi hanno generato un velo di sfiducia tra imprese e pubblica amministrazione che non sarà facile rimuovere in tempi ragionevolmente brevi. Ricordo che, secondo un’indagine realizzata da “Promo PA Fondazione”, l’81% delle imprese con meno di 50 addetti, vale a dire le piccole, è costretto a ricorrere a consulenti esterni per fronteggiare questo nemico invisibile: di cui il 70% ad integrazione o a supporto del lavoro svolto dagli uffici amministrativi che operano all’interno dell’azienda, mentre l’altro 11% si affida a terzi per tutte le incombenze». 

Una situazione sempre più insostenibile per le migliaia di piccole e medie imprese, oltre che per lo stuolo dei professionisti.