Elezioni in Trentino: praticamente finito il deposito delle viste con molte sorprese

In casa PD malumori per l’utilizzo dell’ordine alfabetico. Gli uscenti dei partiti minori in corsa forsennata a trovare un posto al sole. Il transfuga di FI si accomoda tra le braccia dell’Udc. La Lega mette veti su candidati ex leghisti che militano partiti alleati. 

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La formazione delle liste per le elezioni in Trentino del Consiglio provinciale stanno rivelando alcune sorprese, oltre a mostrare una forsennata corsa al “si salvi chi può” da parte di molti consiglieri uscenti che stanno abbandonando la nave della maggioranza uscente per cercare una scialuppa su quella che è data per vincente nella gara del 21 ottobre prossimo. Soprattutto, mostra l’arroganza dei presunti vincitori che s’arrogano il diritto di candidatura pure nelle formazioni dei partiti alleati, oltre al fatto che tanti ras della legislatura che sta per chiudere si stanno avviando sul viale del tramonto politico nel peggiore dei modi possibili.

Iniziando la fronte che al momento è dato per perdente, quello del centro sinistra autonomista uscente, l’alleanza che soli cinque anni fa sembrava d’acciaio s’è squagliata come neve al sole. Soprattutto sull’altare dei personalismi e sulla deleteria convinzione d’intendere la politica come trasposizione del proprio ego personale. Ne sa qualcosa il presidente della provincia uscente, quell’autonomista Ugo Rossi, che dopo avere centrato l’asso delle primarie di cinque anni fa più per demeriti del PD che per meriti del suo partito autonomista, non si è accorto per tempo che la maggioranza di cui era il nocchiero stava per sfracellarsi sugli scogli del consenso politico. Un disastro andato oltre le più fosche previsioni alle Politiche del 4 marzo scorso, con tanti big del centro sinistra trombati clamorosamente da emeriti signor nessuno, che hanno vinto solo perché trainati dalla travolgente forza propulsiva del salvinismo imperante.

Così, il Patt che non ha incassato dagli alleati la riconferma alla guida della maggioranza con il proprio uomo, ha fatto come quei bimbi viziati che hanno abbandonato il gioco con gli amichetti portandosi via il pallone. Con il risultato di partecipare alla gara del 21 ottobre con una corsa in solitaria, dagli esiti tutt’altro che scontati, anche per via del meccanismo elettorale che premia le coalizioni. Davvero difficile riconfermare i sei consiglieri della legislatura uscente, tant’è che molti hanno preferito un dignitoso ritiro alla vita privata o un più opportunistico cambio di cavallo, sperando che quello nuovo sia vincente. Ma c’è anche chi nella foga del cambio di cavallo ha pure assaggiato il duro contatto con la terra, con tanto di scorno. Evidentemente, il giro di valzer non è cosa per tutti.

Ne va meglio tra le fila del PD che, dopo avere partorito il candidato leader di quanto rimane del centro sinistra, l’ex senatore di lunghissimo corso Giorgio Tonini, ora ha difficoltà nel comporre la propria lista. Il criterio scelto per la presentazione della lista in ordine alfabetico, con alternanza maschio-femmina, ha fatto girare l’uzzolo al vicepresidente uscente della Provincia, Alessandro Olivi, che fino in fondo ha chiesto al partito il ruolo di capolista a titolo di riconoscimento di quanto fatto nel corso della legislatura. Un riconoscimento che ai nuovi vertici dei Dem non deve essere stato molto positivo, visto che anche lui è finito in rigoroso ordine alfabetico, piuttosto arretrato. Cosa che lo ha mandato su tutte le furie portandolo a riservarsi fino all’ultimo di aderire alla candidatura. Per la politica (e, soprattutto per l’economia di cui era assessore) trentina non sarebbe una grave perdita e l’ordine forense riacquisterebbe un contributore in più al proprio fondo pensioni.

Le elezioni in Trentino del 21 ottobre evidenziano che c’è nuovamente vita a sinistra del PD. L’ex direttore del quotidiano L’Adige, il giornalista in pensione Paolo Ghezzi, è stato tarantolato dalla politica. Gli va riconosciuto il merito (e il cuore) di rianimare un arcipelago con l’encefalogramma quasi piatto, con sfoggio di cravatte rosse e di parole d’ordine che non si ascoltavano da anni, ad iniziare da quel “compagni” che ha fatto aprire il cuore a molti, compresi tanti ex della politica eterogenea che hanno staccato un biglietto per correre in lista. E l’arrivo di Ghezzi in politica (francamente la proposta più fresca e originale dell’attuale panorama politico locale che sa tanto di formaldeide) potrebbe anche riuscire a catalizzare alle urne quei tanti ormai rassegnati all’astensionismo o al voto meno peggio al Pd, rafforzando le speranze forse non di piena vittoria del centro sinistra, ma almeno quella di raggiungere un risultato di consolazione più che degno. Sempre che l’effetto risacca non ci metta del suo: dopo l’onda travolgente del 4 marzo, il ritorno al mare dell’acqua che ha spazzato via una nomenclatura poco brillante, potrebbe trascinare in pista qualche sorpresa.

Nell’area centrista, degna di nota l’uscita dell’ex consigliere di Forza Italia, Giacomo Bezzi, accasatosi tra le fila accoglienti dell’Udc, il quale non pago degli strali che si è tirato addosso dalla pasionaria azzurra Michaela Biancofiore per l’ormai annunciato divorzio, si è pure preso una sonora strigliata da parte della Lega, in quanto ha avuto la furbizia di dichiarare che la sua candidatura «costituirà un argine contro lo strapotere della Lega». Un’uscita che andrebbe bene se non fosse per il piccolo dettaglio che lui e il suo nuovo trampolino ha fatto comunella proprio con quella Lega che dice di voler arginare. Un atteggiamento a dir poco tafazziano.

Sempre nell’area centrista che fa riferimento al centro destra, da segnalare anche il comportamento della Civica Trentina, accreditata fino a qualche giorno fa di essere la seconda colonna della coalizione data per vincente dalla gara del 21 ottobre. Dinanzi all’ukaze del candidato presidente della novella Santa Alleanza, il leghista sottosegretario alla sanità Maurizio Fugatti, calato sulla testa di una delle sue due colonne, il consigliere provinciale uscente Claudio Civettini, non ha trovato di meglio che esprimergli una solidarietà di rito e il ringraziamento per quanto fatto, accettando il diktat altrui in casa propria.Se fosse stato un partito con un po’ di attributi avrebbe dovuto rispedire al mittente l’ukaze fugattiano, mettendo il candidato presidente dinanzi all’alternativa di abbandonare la novella Santa Alleanza. Ma si sa che il coraggio non è di tutti e tanti, troppi preferiscono il basso profilo e tirare a campare in attesa di tirare le cuoia.

Tanto più che il “niet” pare essere dovuto alle ruggini incancrenite di mero carattere personale maturate tra Fugatti e Civettiniquando entrambi militavano nelle fila del Carroccio trentino, con il secondo che ha fatto fagotto a pochi mesi dalla rielezione per approdare alla Civica Trentina. Un rancore che gli anni passati non hanno lenito, ma semmai aggravato, soprattutto nel cuore del leghista. Così, ancora prima di iniziare la corsa elettorale, il centro destra si trova privato di un candidato accreditato con un consistente pacchetto di voti, non fosse altro che nella legislatura che sta per concludersi Civettini è stato il consigliere più produttivo in termini di attività politica, capace di coltivarsi un notevole portafoglio elettorale personale.

Per una Lega che lo ha bannato, Civettini ha immediatamente trovato casa in una delle schegge del mondo autonomista, quell’Autonomia Dinamica messa in pista dall’ex deputato Patt Mauro Ottobre, che ora potrà contare su due teste di serie (Civettini e lo stesso Ottobre) e vendere cara la pelle, anche perché ci sono tanti elettori che ritengono indigeste le proposte fin qui dalle varie segreterie, specie quelle del centro destra. Nella sola Lega, in tanti dicono di preferire la candidatura di un Civettini a quella di una delle tre “leonesse” (così s’appellano le tre deputate trentine elette il 4 marzo scorso piazzate in lista in quota femminile per rispettare la parità di genere imposta per legge) della Lega. Nelle valli di competenza dove le tre magnifiche dovrebbero ruggire nelle urne ci sono pacchetti di voti in libera uscita, spesso guidati da ex segretari della Lega non in linea con il nuovo corso. E il rischio è che colui dato per sicuro facile vincitore al 21 ottobre, ad urne chiuse, veda sfumare il traguardo del 40% indispensabile per avere una maggioranza solida per governare, buttando alle ortiche una facile vittoria per mere beghe di partito o, peggio, personali. Politicanti si può anche nascere. Politici e statisti è tutt’altra roba, sia a livello locale che nazionale. Lo si diventa avendo capacità di mediazione e di visione a medio e lungo termine.

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