Interessante concerto dei Postural Vertigo Quintet

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Walter-Beltrami-Postural-Vertigo-Quintet 1Il loro jazz dissacrante ed esplosivo a Villa Farsetti a S. Maria di Sala (VE)
di Giovanni Greto

E’ stato forse il concerto di maggiore interesse della XII edizione di Ubi Jazz, la rassegna dei 7 comuni del miranese, che ha scelto come sottotitolo ‘cultura sostenibile’. Un improvviso acquazzone verso le 18 ha indotto artisti ed organizzatori a trasferire il concerto in una saletta interna. Un vero peccato, dato che la musica energica ed esplosiva del gruppo, sembra adatta a spazi aperti, come l’immenso parco della villa. La bravura, la tecnica, la rapidità di pensiero e un ardimentoso senso improvvisativo, sono le caratteristiche che vengono in mente ad un primo ascolto.

Una sola variazione, rispetto alla formazione che ha inciso il primo disco, ‘Paroxysmal postural vertigo’, per l’etichetta Auand. Il trombettista Giovanni Falzone ha preso il posto del violoncellista francese Vincent Curtois. Un cambiamento di cui ha beneficiato soprattutto il sassofonista Francesco Bearzatti, che ha intessuto una serie di dialoghi con Falzone, potendo così prender fiato per lanciarsi in improvvisazioni ancora più pirotecniche.

In circa 75 minuti di concerto, il quintetto ha proposto parte del vecchio repertorio, insieme a parecchie novità che entreranno in un’incisione imminente. Il nome dell’organico è preso da un disturbo capitato nell’orecchio interno del leader, il chitarrista Walter Beltrami, da poco rientrato in Italia dopo una lunga permanenza in Svizzera. Capitato tra capo e collo all’improvviso, il disordine se n’è andato dopo sei mesi nello stesso modo in cui era insorto. Durante questo periodo, caratterizzato da sintomi d’instabilità e stordimento, con tutta una serie di effetti visivi psichedelici, il suono di Bertrami si è tradotto in un rock potente ed aggressivo, che quasi toglie il fiato, impedendo di pensare. Ci sono comunque in repertorio anche una ballad, intonata liricamente dal clarinetto, un tema con un tempo dispari, sorto spontaneamente nella mente del leader ed eseguito dall’ensemble senza difficoltà alcuna.

Bravissimo, come sempre, Jim Black, la cui fantasia, il modo di percuotere piatti e tamburi e l’uso delle spazzole attira l’attenzione anche di uno spettatore poco addentro al jazz d’avanguardia. Ottimo l’apporto di Takeshi, in brani decisamente rockeggianti come ‘#2’ e in uno iniziato solisticamente, collegando il basso elettrico con una scatola di effetti. Ariosi i due fiati, che ce la danno dentro con tutta l’energia che in quel momento possiedono. Il pubblico lo percepisce, non lesina gli applausi, si sente quasi trascinato sul palco e non vorrebbe che il concerto finisse. Ma c’è un tempo per tutto e dopo un pezzo nuovo, ‘The envisioneer’, i musicisti, stanchi ma soddisfatti, salutano una platea affascinata e arricchita da una musica che sgorga sincera, genuina e che trova uno sviluppo armoniosamente perfetto.