Viticoltura, no alla liberalizzazione dei diritti d’impianto

0
484
Grappolo Muller Thurgau vigneto Civezzano 2009 foto Ronny Kiaulehn Trentino Mrkt 25632 1

Grappolo Muller Thurgau vigneto Civezzano 2009 foto Ronny Kiaulehn Trentino Mrkt 25632 1Scottà: “mantenere il blocco almeno fino al 2030. Senza è un rischio per la viticoltura italiana e del NordEst in particolare”

Nell’ambito della riforma della politica agricola comunitaria, c’è la possibilità di liberalizzare i diritti d’impianto dei vigneti, fatto che aprirebbe alla realizzazione di nuove coltivazioni senza alcuna programmazione. Un tema su cui si leva forte la contrarietà dell’europarlamentare Giancarlo Scottà, componente della Commissione agricoltura del Parlamento Europeo: “i diritti d’impianto nella viticoltura non si toccano”. Su questo punto anche il commissario europeo Dancian Ciolos ha recentemente manifestato una propensione al mantenimento, o quantomeno ad un’apertura sul tema della liberalizzazione degli impianti viticoli.

“Credo non si siano dubbi che il Parlamento é pronto a fare la sua parte e a lavorare per il mantenimento dei diritti d’impianto per i vigneti oltre il 2015, quando dovrebbero essere liberalizzati secondo quanto disposto dall’Ocm vino: sarebbe importante mantenerli almeno fino al 2030”. Questa è la proposta che avanza l’eurodeputato della Lega Nord. C’è da dire che la posizione, sulla quale il Parlamento si era espresso a larghissima maggioranza già lo scorso luglio è limpida.

Secondo Scottà “bisogna che sia chiaro il fatto che la liberalizzazione degli impianti dei vigneti metterebbe a rischio l’eccellenza del settore vitivinicolo europeo di qualità. Perché cambiare? L’attuale sistema funziona, e bene. Al massimo potrebbe essere rivisto o ritoccato qualora si evidenziasse una crisi del settore. Si andrebbe incontro a una delocalizzazione della produzione vinicola nostrana verso aree geografiche più vantaggiose a livello di costi di produzione, a danno della genuinità del ‘Made in Italy’. È anche sul sistema dei diritti che abbiamo fondato le basi per la nostra viticoltura di qualità”

“I diritti d’impianto sono uno strumento efficace di regolazione per contrastare la delocalizzazione della produzione che darebbe la libertà d’impianto. Per produrre vino non basta la titolarità dei vigneti ma bisogna disporre di una licenza: in Francia esistono al 1936. – sostiene infine l’europarlamentare di Vittorio Veneto – Senza, il timore di tutti i nostri produttori è giustamente quello di un ‘boom’ dell’offerta di vino con conseguente crollo dei prezzi. Sarebbero favoriti ad esempio gli investitori stranieri che potrebbero puntare su aree vocate europee senza dover fronteggiare i costi d’ingresso oggi legati a licenze produttive. Il sistema dei diritti ha contribuito a preservare l’azienda viticola legata al territorio e l’insediamento dei giovani. Altrimenti c’è il rischio di un progressivo abbandono del nostro modello tradizionale di viticoltura, che valorizza il territorio, l’ambiente, la tipicità”.