Europa, l’auto riprendere a marciare. Ferma solo l’Italia

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immatricolazioni auto calo grafico 1Pavan Bernacchi: “servono provvedimenti per rilanciare il mercato abbassando le tasse eccessivamente pesanti che gravano sui veicoli e sui carburanti”

Acea, l’associazione dei costruttori di autoveicoli europei ha diffuso i dati relativi alle vendite di autoveicoli nuovo nel mese di ottobre: in Europa il mercato dell’auto sembra uscire dal lungo tunnel in cui s’era infilata, con una crescita del 4,6%, con tutti i grandi mercati in crescita, eccetto uno, quello italiano che fa segnare una nuova perdita del 5,6%, con il gruppo Fiat che in Europa fa registrare un calo complessivo del 7,3% (con punte del 33,9% di calo di Alfa Romeo e del 12,3% di Lancia/Chrysler) imputabile in gran parte proprio al calo italiano, oltre che alla ridotta offerta di nuovi modelli che caratterizza la produzione del gruppo torinese negli ultimi anni.

Tornando all’Europa, i dati Acea evidenziano miglioramenti Germania (+2,3% e 265.441 unità), Francia (+2,6% e 166.495), Gran Bretagna (+4% e 157.314) e anche in Spagna con un vistoso +34,4% e 60.301 pezzi venduti. Guardando all’andamento del mercato europeo nei primi dieci mesi del 2013, L’Italia ha il record negativo con un -8%, seguita da Francia -7,4% e Germania -5,2%. Nello stesso periodo, in aumento la Gran Bretagna +10,2% e la Spagna +1,1%.

Secondo Filippo Pavan Bernacchi, presidente di Federauto, l’associazione che rappresenta i concessionari di tutti i marchi commercializzati in Italia di auto, veicoli commerciali, industriali e autobus, “già lo scorso anno ci eravamo collocati come fanalino di coda dell’Europa e quest’anno bisseremo probabilmente questo record negativo. Siamo gli ultimi a causa della ‘ricetta italiana’ per affrontare la crisi fatta a suon di tasse, tasse e ancora tasse. Sugli autoveicoli in particolare, dove si sono abbattuti rincari e balzelli di ogni tipo. L’effetto? Ovviamente la compressione dei consumi, in un Paese dove quelli legati al mercato interno pesano per l’80%. Meno consumi significano meno introiti per lo Stato – nonostante i rincari delle tasse e dell’Iva – meno posti di lavoro, più aziende che chiudono. Un impoverimento del Paese che allontana la ripresa. Confidiamo molto che al tavolo aperto per il nostro settore presso il ministero dello Sviluppo economico dal ministro Zanonato si possano trovare delle soluzioni per alleggerire il carico fiscale sugli autoveicoli e rilanciare i consumi”. Pavan Bernacchi (e con lui l’Anfia e l’Unrae) ci spera, anche se i fatti del recente passato lasciano davvero poche possibilità ad un possibile, auspicato, rinsavimento da parte del Governo che sul settore del trasporto ha storicamente fatto una pessima politica, tanto da non risolvere mai i nodi strutturali del sistema, semmai adoperandosi per lasciarli incancrenire.

Il rilancio dello Stato e dell’economia passa attraverso sgravi fiscali strutturali: da quelli sui carburanti (specie sul gasolio, al cui prezzo è legata a doppio filo l’inflazione e la competitività del sistema produttivo, dei servizi e turistico italiano) a quello dei mille balzelli, spesso odiosi e controproducenti (uno su tutti: il superbollo per le auto potenti che nel giro di due anni ha azzerato il mercato delle nuove auto con oltre 250 Cv). Letta, Saccomanni & C. guardano sempre all’Europa quando si tratta di bilancio dello Stato: bene, guardino all’Europa anche per la pressione fiscale gravante sul settore della mobilità, attuando anche per i contribuenti italiani l’Iva media europea sui veicoli (20%), le regole di ammortamento dei veicoli aziendali (100% del valore d’acquisto senza alcun tetto e 100% di deduzione Iva con possibilità di ammortamento accelerato) e prezzo dei carburanti (e del gasolio in particolare) in linea con la media europea, ovvero almeno 30 centesimi in meno al litro.