Nel 2015 chiuse 1.000 stalle, il 60% in montagna

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Allarme di Coldiretti. A Roma Martina riceve gli assessori regionali all’agricoltura per risolvere la crisi del latte

 

latte FotoliaOltre mille stalle da latte chiuse, delle quali il 60% in montagna, perché il latte agli allevatori viene pagato al di sotto dei costi di produzione, con una riduzione dei compensi fino al 30% rispetto allo scorso anno e valori inferiori a quelli di venti anni fa. E’ quanto emerge dall’analisi presentata da Coldiretti all’incontro “la sfida della competitività per il latte italiano” organizzato a Roma dall’associazione distribuzione moderna al quale ha partecipato il vicepresidente di Coldiretti Ettore Prandini. 

«Nel 2015 il valore finale distribuito all’agricoltura all’interno della filiera è sceso dal 17 al 14% – ha affermato Prandini -. La differenza tra i prezzi pagati dal consumatore italiano e il prezzo riconosciuto agli allevatori è la più alta d’Europa». A fronte di una produzione nazionale di circa 110 milioni di quintali di latte, sono 85 milioni di quintali le importazioni di latte equivalente dall’estero che viene “spacciato” come italiano per la mancanza di una etichettatura trasparente sull’origine, secondo Coldiretti. E’ questo il risultato – denuncia l’organizzazione agricola – dell’assenza dell’indicazione chiara dell’origine del latte a lunga conservazione, ma anche di quello impiegato in yogurt, latticini e formaggi che non consente di conoscere un elemento di scelta determinante per le caratteristiche qualitative, ma impedisce ai consumatori di sostenere le realtà produttive nazionale e con esse il lavoro e l’economia del vero “Made in Italy”. 

«Negli ultimi 5 anni si è verificato un aumento delle importazioni di cagliate dall’estero del 50% e c’è addirittura un Paese come la Lituania che destina all’Italia i 2/3 delle proprie esportazioni – ha affermato Prandini  – e l’obbligo di indicare la provenienza in etichetta è una questione di eticità nei confronti dei consumatori che lo chiedono. Portare anche la Francia a condividere in Europa la battaglia per l’etichettatura trasparente – ha precisato Prandini – è un successo degli incontri ad Expo». 

In un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine degli alimenti, ma anche con l’indicazione delle loro caratteristiche specifiche a partire dai sottoprodotti. Non è un caso – conclude Coldiretti – che l’89% dei consumatori ritiene che la mancanza di etichettatura di origine possa essere ingannevole per i prodotti lattiero caseari».

Per tentare di risolvere la crisi del latte, il ministro Maurizio Martina ha incontrato glia ssessori all’agricoltura delle regioni italiane, che hanno chiesto un’Organizzazione Comune di Mercato (OCM) anche per i prodotti di montagna, al pari di quanto già si prevede per il settore dell’ortofrutta, attualmente i più penalizzati per via dei maggiori costi di produzione.

Gli assessori hanno chiesto un’azione forte del governo italiano presso l’Unione europea affinché siano varate misure straordinarie e urgenti per proteggere gli allevatori e produttori di latte dalla continua erosione del proprio reddito, misure che riguardano l’etichettatura dei prodotti (in modo che ne sia certificata la provenienza), un Fondo per la stabilizzazione del reddito dei produttori e sostegni per la promozione dei prodotti derivati del latte sui mercati. 

Questo è quanto hanno chiesto i responsabili delle politiche agricole dei territori alpini per frenare l’emorragia dei prezzi che sta investendo il settore latte e sostenere in tal modo gli allevatori di montagna. Ad annunciarlo, al termine dell’incontro a Roma con il ministro Martina, è l’assessore all’agricoltura del Trentino Michele Dallapiccola. Dall’incontro è emerso che il governo italiano metterà a disposizione del comparto 75 milioni di euro, 50 dei quali saranno riservati alla copertura delle spese dovute per il pagamento delle multe erogate per le quantità di latte prodotte in esubero rispetto alle vecchie quote latte. Tocca invece anche i produttori trentini la decisione annunciata da Martina di metter a disposizione del settore 25 milioni di euro che saranno erogati da Agea entro il mese di marzo. La quota parte relativa al Trentino si traduce in un piccolo aiuto, quantificabile in circa 1-2 centesimi al litro di latte conferito negli ultimi due mesi, una cifra che sarà per altro precisamente definita dopo che i caseifici comunicato l’esatta quantità di latte prodotto

Secondo l’assessore all’agricoltura del Veneto Giuseppe Pan “la situazione della zootecnia veneta è drammatica, le proposte che il ministro Martina ha illustrato ai rappresentanti delle Regioni rappresentano solo un minimo aiuto, ma non sono sufficienti per salvare il comparto. Al ministro ho chiesto di rivedere la legge 91/2015 e di cancellare il fondo per interventi nel settore lattiero caseario. La Regione Veneto chiede al governo italiano di versare alla UE solo le somme dovute a titolo di prelievo (30 milioni) per il pagamento delle multe per lo splafonamento delle quote latte e di lasciare invece ai produttori i 73 milioni del prelievo per finanziare interventi a favore del settore lattiero caseario». 

Per l’assessore «è preferibile lasciare i soldi nelle tasche degli allevatori, anziché creare una complicata partita di giro per istituire un fondo nazionale di dubbia efficacia. Al ministro ho chiesto di convocare urgentemente un tavolo di crisi per rivedere la metodologia di indicizzazione del prezzo del latte. Le 3.300 stalle del Veneto sono allo stremo, non possono continuare a produrre in perdita, visto che oggi il prezzo del latte non remunera nemmeno i costi di produzione».