Scandalo all’ospedale “S. Bortolo” di Vicenza: medici ed infermieri fanno a gara sull’uso delle cannule

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Partita l’indagine interna. Zaia: «un comportamento gravissimo, intervenga la Procura». Coletto: «indispensabile la linea dura contro simili comportamenti»

 

terapia intravenosa fleboclisi 2Scandalo all’ospedale San Bortolo di Vicenza con la scoperta di una “gara” tra sanitari sull’uso e il numero delle cannule inserite nelle vene dei pazienti, con tanto di punteggio assegnato per ogni tipo di tubicino da quello più sottile a quello più doloroso. Protagonisti, secondo un’indagine interna dell’ospedale di Vicenza, alcuni medici e infermieri in servizio al pronto soccorso.

Vicenda che ha già portato a due sanzioni disciplinari e sei archiviazioni nei confronti dei presunti protagonisti. La decisione di dare avvio alla “gara” sarebbe stata presa nel corso di una cena tra colleghi dell’ospedale e la vicenda sarebbe andata avanti fino a quando uno dei partecipanti ha deciso di parlarne con il primario circa la chat di whatsapp alla quale hanno preso parte due medici e alcuni infermieri del suo reparto e nella quale le due “fazioni” si sfidavano a chi metteva più cannule nel corpo dei pazienti, che ha subito informato la dirigenza del nosocomio. Da qui, l’avvio dell’indagine interna.

«Non credo ai miei occhi nel leggere una notizia che è a dir poco inquietante. Vicenda di cui ho appreso stamane dai giornali»: è carico di sorpresa e di rabbia il commento del presidente del Veneto Luca Zaia sulla vicenda della “gara” sull’uso e il numero delle cannule per i pazienti che avrebbe visto protagonisti alcuni medici e infermieri dell’ospedale di Vicenza. Zaia dice di aver già allertato il segretario generale regionale per la sanità affinché acquisisca al più presto tutti gli atti in possesso dell’Usl di Vicenza e «ho allertato l’avvocato regionale chiedendo che venga inoltrata una mia segnalazione alla Procura assieme a tutti gli atti acquisiti. Solo la procura – aggiunge – potrà chiarire fino in fondo i lati oscuri di questa vicenda. Qualora ci fossero responsabilità accertate le punizioni dovranno essere esemplari. Per me non finisce qui. In mattinata manderò personalmente il fascicolo in Procura. Su una storia come questa, qualora accertata, non ci possono essere se o ma o sconti per nessuno».

«La linea dura annunciata dal presidente della Regione è l’unica possibile. Sono arrabbiato e addolorato perché, aldilà delle conseguenze sul piano disciplinare e giuridico, che mi auguro esemplari, siamo anche di fronte al tradimento della deontologia e dell’etica professionale, che per un operatore della sanità è di una gravità assoluta» commenta la vicenda Luca Coletto, assessore alla Sanità della Regione Veneto. «Sarebbe inaccettabile anche se solo avessero scherzato sul web – aggiunge Coletto -, ma temo che non sia così. In ogni caso, anche per tutelare il buon nome di decine di migliaia di operatori della sanità veneta che trattano i malati come figli, mi auguro che la cosa possa essere valutata con rigore anche dall’Ordine dei Medici, da sempre insostituibile garante del giuramento di Ippocrate. Per parte mia – conclude – chiedo a queste persone di farsi un profondo esame di coscienza, traendone onestamente tutte le conseguenze del caso».

Per il capogruppo del M5S in Consiglio regionale del Veneto, Jacopo Berti, «quello che è successo ha dell’incredibile, sono profondamente indignato in quanto vicepresidente della Commissione Sanità della Regine Veneto sento la responsabilità di fare tutto quanto in mio potere per scovare e punire gli autori di questa barbarie. Fare giustizia è doveroso per la dignità di questi pazienti, per il dolore dei loro parenti e per la tutela di una sanità, quella veneta, che non possiamo concedere venga macchiata da episodi del genere».

Secondo Vincenzo Riboni, primario del pronto soccorso del San Bortolo, «è stato solo un gioco e per fortuna tale è sempre rimasto. Nessuno ha fatto nulla di sbagliato e la salute e il benessere dei pazienti non sono mai stati compromessi. Rimane – ammette Riboni – un giudizio eticamente negativo di quanto è stato fatto, dal momento che simili gare non andrebbero né pensate né tantomeno messe per iscritto. Del resto il comportamento di pochi, che peraltro poi si sono pentiti, non inficia il buon lavoro di una equipe composta da almeno 90 persone, che hanno sempre dimostrato professionalità, qualità e umanità ai massimi livelli». 

Si tratta di una vicenda di estrema gravità, al di là del fatto che gli episodi siano effettivamente avvenuti o meno. Non appena ne siamo venuti a conoscenza ci siamo immediatamente attivati, portando avanti con determinazione una doppia azione» afferma il direttore generale dell’ULSS 6 Vicenza, Giovanni Pavesi. «Da una parte abbiamo indagato, incrociando date e orari della chat con le cartelle cliniche, per capire se ci sono stati dei comportamenti inappropriati, dei quali non abbiamo trovato riscontro – sottolinea -. Ciò nondimeno abbiamo aperto un procedimento disciplinare che si è concluso con rapidità, nei limiti di quelle che sono le prove raccolte. Abbiamo inoltre trasmesso tutta la documentazione agli Ordini professionali competenti». Pavesi afferma che il suo pensiero «va innanzitutto ai cittadini e in particolare a quelli che possono essere stati oggetto della vicenda, ai quali vanno le scuse di tutta l’Azienda. A tutti i vicentini però voglio dire che possono e devono continuare ad avere fiducia nel Pronto Soccorso dell’Ospedale S. Bortolo – conclude – perché la superficialità di otto operatori non deve inficiare il lavoro quotidiano di uno staff composto da 21 medici, 50 infermieri e 21 operatori socio-sanitari».