Porto offshore di Venezia: il governo stanzia 150 milioni di euro per gli studi preliminari

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Polemiche in Friuli per il mancato sviluppo di del porto di Trieste

 

VOOPS venice port offshore rendering 1Qualcosa attorno al futuro del porto di Venezia pare muoversi, visto che nell’ultimo Cipe il ministro alle infrastrutture Gaetano Delrio ha chiesto di stanziare 150 milioni di euro per l’avvio del primo bando del VOOPS (Venice Off-shore On-shore Porto System).

Obiettivo del piano è l’intercettamento di parte dei nuovi flussi che provengono dal potenziamento del canale di Suez, trasformando Venezia nel terminal per i flussi delle merci dirette verso l’Italia settentrionale e l’Europa centrale, risparmiando circa 5 giorni di navigazione (e i relativi costi) per scaricare i container nei porti di Rotterdam e Anversa e poi trasferirli via terra.

Per il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, «dobbiamo fare l’offshore, perché possiamo intercettare dei grandi flussi di economia globale: le grandi navi transoceaniche. I cinesi ci hanno detto che soltanto qui fuori a Venezia possono fare un’operazione del genere e che sarebbero disposti a co-finanziarla. Tutto questo – ha aggiunto – lo facciamo non nell’interesse di Venezia, ma di tutto l’alto Adriatico. Possiamo riuscire a intercettare tre-quattro milioni di Teu che attualmente vanno a Rotterdam e ai porti tedeschi: questa è la competizione, non fra di noi. E dobbiamo fare questo progetto insieme: insieme a Trieste, a Capodistria, ovviamente a Chioggia, a Ravenna, a Monfalcone».

«Il Voops non ha alternative – afferma il presidente dell’Autorità portuale di Venezia, Paolo Costa -. Solo l’accoppiata conca di Malamocco, messa finalmente in condizione di operare, e piattaforma d’altura, oggi pensata per traffici container e petroliferi – prosegue – sono in grado di restituire al porto di Venezia l’accessibilità nautica attualmente sacrificata sull’altare della salvaguardia e del sistema di paratie mobili del Mose. Non illudiamoci quindi che basti allargare una conca, con un investimento statale non inferiore a quello necessario per la piattaforma d’altura, per risolvere i problemi di accessibilità nautica di Venezia. Il vero “piano B” si tradurrebbe nella rinuncia, in prospettiva, allo sviluppo portuale di Venezia».

Il VOOPS sarà uno dei pochi in grado di accogliere navi da 20.000 teu e sorgerà a 8 miglia (circa 15 km) dalla costa. Da qui, i prodotti petroliferi saranno trasferiti a terra nei depositi di Marghera e di Ravenna mediante oleodotti, mentre i container saranno caricati su chiatte poi veicolate nel terminal a terra pronti ad essere caricate sui treni o sui camion.

Se il terminal di Venezia sembra avere ingranato la marcia giusta, a Trieste si mastica amaro, in quanto il prospettato sviluppo prospettato dall’essere sbocco del corridoio Baltico-Adriatico verrebbe meno dal potenziamento dello scalo lagunare.

Il capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia attacca la presidente della regione, Debora Serracchiani: «se l’off-shore di Venezia va avanti, possiamo dire addio alla prospettiva strategica del Friuli Venezia Giulia, buttando nel cestino lo sforzo per aver conquistato il riconoscimento del corridoio Adriatico Baltico da parte dell’Ue. Con la realizzazione del progetto del presidente dell’Authority Paolo Costa, il Friuli Venezia Giulia diventerà un’area che non avrà il presupposto per una maggiore capacità di attrazione per nuovi insediamenti produttivi. L’Alto Adriatico ha un senso se trova il suo baricentro a Trieste, per poi essere collegato a Capodistria e Venezia (e oltre). Solamente attraverso un progetto condiviso e unitario – spiega il capogruppo azzurro – potremmo essere in grado di competere con i grandi scali del nord Europa, che tutt’ora vengono scelti dagli operatori nonostante richiedano 5 giorni di navigazione in più rispetto alla rotta del canale di Suez. Attraverso la scelta del ministro è evidente la volontà di alimentare piccoli interessi in Veneto, penalizzando Trieste e tutto il sistema dell’alto Adriatico. Mi chiedo se Debora Serracchiani, che è vicepresidente del Pd e alla quale ricordo anche l’incarico che lei ritiene secondario di presidente della Regione, intenda intervenire oppure preferisca restare a guardare per ordini di partito», conclude Riccardi.