Il Superbonus 110% zavorra la Nadef 2024 del governo Meloni

I cantieri in corso costano 23 miliardi di nuovi crediti a luglio. Il problema dei 12 miliardi di truffe rese possibile dai controlli inesistenti della norma grillina.

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effetti superbonus 110%

Il Superbonus 110% non esiste più ma gli effetti del provvedimento scassa bilanci voluto dal M5s con la connivenza del Pd continua a far discutere, a parte le truffe e i crediti ancora incagliati.

Il Superbonus 110% è stato fortemente rallentato dal governo Meloni appena insediato lo scorso novembre e rappresenta anche quest’anno un grosso peso per le casse dello Stato che la Nadef a fine mese vedrà la luce, peso ancora enorme destinato a ridurre ulteriormente gli spazi di manovra già stretti della legge di bilancio2024.

I conti precisi arriveranno con la nota di aggiornamento al Def, ma dai dati dell’Enea di luglio sulle detrazioni maturate per i lavori conclusi emerge che finora gli oneri a carico dello Stato, nel 2023, ammontano a 23 miliardi di euro. Un conto salato per una misura che, dall’inizio della sua esistenza, è costata allo Stato un calo di gettito pari a 74 miliardi di euro. La stretta di novembre scorso ha evitato le conseguenze peggiori, ma per il Mef il problema del peso sui conti pubblici rimane.

Ad aggravare la posizione del vecchio Superbonus 110% (da novembre scorso è sceso al 90%) c’è la questionedelle truffe, denunciata la prima volta dal premier Draghi e dal ministro Franco, che avviarono una stretta al meccanismo di cessione dei crediti che le aveva favorite. Quando il governo Draghi intervenne gli illeciti da tuttii bonus edilizi, non solo dal 110%, ammontavano a 4,4 miliardi di euro. Il premier Meloni ha aggiornato la cifra, lievitata nel frattempo a 12 miliardi.

Il blocco progressivo della cessione del credito non ha arginato solo le illegalità fiorite a dismisura, ma ha causato forti ripercussioni anche su cittadini e imprese che si sono trovati senza la possibilità di “scaricare” i crediti, con gravi conseguenze per la loro liquidità. Soprattutto le imprese che, attraverso il meccanismo dello sconto in fattura, avevano anticipato i costi dei lavori del Superbonus 110%, si ritrovarono con miliardi di creditiche avrebbero potuto solo recuperare in dieci anni attraverso le detrazioni, creando una bolla di “crediti incagliati” che è ancora bloccata: l’Ance, a inizio estate, aveva aggiornato il conto a 30 miliardi, chiedendo ancora una volta al governo di intervenire per sbloccare la situazione che aveva messo i cantieri di 40.000 aziende a rischio chiusura.

Se per le imprese ancora si cerca una soluzione, per i privati qualcosa si è mosso. Già diverse banche, mesi fa, avevano riaperto il canale delle cessioni – ma aumentando molto le commissioni con conseguente maggiori costiper i beneficiari, spesso senza la necessaria liquidità per coprire la differenza. Ad ottobre Poste Italiane riaprirà i rubinetti, ma esclusivamente le persone fisiche e sarà limitato alle cosiddette prime cessioni, per un ammontare massimo di 50.000 euro.

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