Mercato auto Italia ancora sotto pressione, anche se va un po’ meglio

A settembre le immatricolazioni aumentano del 22,78%, ma su base annua rimangono ancora decisamente basse. Il parco auto invecchia sempre di più. Serve il rilancio dell’auto aziendale.

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A settembre mercato auto Italia ancora sotto pressione, con l’immatricolazione di 136.283 autovetture con un incremento del 22,78% su settembre 2022, mentre nel periodo gennaio-settembre hanno toccato quota 1.176.882 con una crescita del 20,57% sullo stesso periodo del 2022. Ma rispetto ai livelli di ante crisi del 2019, il consuntivo è ancora sotto di quasi il 20%.

Al risultato complessivo va sottolineato l’apporto delle autoimmatricolazioni, cioè alle immatricolazioni ai concessionari di auto nuove da destinare al mercato dell’usato con “chilometri zero” per essere vendute al cliente finale nei mesi successivi all’immatricolazione. In particolare, le autoimmatricolazioni a settembre sono state 17.200, oltre il 10% del totale delle nuove vendite, mentre nel periodo gennaio-agosto sono state 99.286. E’ dunque del tutto evidente che il quadro del mercato italiano dell’auto è tutt’altro che rassicurante. Se le immatricolazioni mantenessero fino alla fine dell’anno il tasso di crescita dei primi nove mesi 2023, secondo la stima del Centro studi Promotor si raggiungerebbe quota 1.587.943. Un livello decisamente lontano dai 2.000.000 di immatricolazioni che sarebbero necessarie per contenere l’invecchiamento del parco circolante.

Le attese per la fine d’anno non sono le migliori, perché l’inchiesta congiunturale Promotor tra i concessionariemerge che il 61% dei venditori prevede che la situazione non migliorerà e il 24% prevede che peggiorerà, mentre il 28% si attende nuovi aumenti dei prezzi delle auto.

Ecco, proprio la progressiva scomparsa di auto con prezzo inferiore ai 20.000 euro tipici dei segmenti A e B (quelli delle utilitarie) e il continuo aumento dei listini accompagnati dalla scomparsa degli sconti e ai tassi per gli acquisti rateali sempre più vicini alla soglia psicologica del 10% scoraggia la propensione agli acquisti, con il risultato che cresce il mercato dell’usato.

In questo contesto, per sostenere il mercato auto Italia sarebbe strategico che il governo Meloni, così come aveva anticipato qualche mese fa il sottosegretario alle finanze Massimo Bitonci, l’adeguamento della fiscalità sull’auto aziendale ai livelli europei, prevedendo la deducibilità totale dell’Iva e del costo d’acquisto, con benefici sia sulle vendite complessive di veicoli che sul mercato dell’usato, che beneficerebbe di prodotti recenti (3-4 anni di anzianità), oltre ad alleggerire i costi a carico delle imprese e delle Partite Iva, oggi pesantemente penalizzati rispetto ai concorrenti europei.

E i costi del provvedimento potrebbero essere in gran parte coperti dagli avanzi di spesa derivanti dall’inutilizzodegli incentivi per l’auto elettrica e ibrida, che il mercato ha giustamente respinto, vuoi per i maggiori costi d’acquisto e di utilizzo, vuoi per i rischi di sicurezza, vuoi per il rischio di rapida svalutazione per via della rapida evoluzione tecnologica del settore nel campo delle batterie.

In attesa che il prossimo Europarlamento cancelli il demagogico ed ambientalmente inutile divieto di vendita di veicoli con motore termico al 2035, al governo Meloni tocca adeguare rapidamente le regole, definanziando gli incentivi all’elettrificazione, spostandoli sull’auto aziendale e sui carburanti sostenibili.

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