Cartelloni carburanti, il Tar boccia Urso (che fa ricorso)

Accolto il riscorso dei gestori delle pompe e dei consumatori.

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I gestori dei distributori vincono il primo giro di giostra contro l’obbligo di cartelloni carburanti con i prezzi medi imposti al ministro delle Imprese e del “Made in Italy”, Adolfo Urso: il Tar del Lazio ha annullato il decreto ministeriale del 31 marzo che ha stabilito le modalità di comunicazione dei prezzi. La risposta del ministero Urso è stata un immediato appello al Consiglio di Stato e la richiesta di sospendere gli effetti della sentenza.

La decisione del tribunale amministrativo di accogliere il ricorso degli esercenti sui cartelloni carburanti, a partire dalle associazioni Fegica e Figisc Confcommercio, è dovuta all’assenza della necessaria comunicazione al presidente del Consiglio dei ministri e del parere del Consiglio di Stato.

Il Mimit ha ribattuto che si tratta di «questioni procedurali» e che il Tar non pone in dubbio la sussistenza dell’obbligo di esporre i cartelloni carburanti previsti dalla legge. Di tutt’altro avviso, i presidenti di Fegica, Roberto Di Vincenzo, e Figisc, Bruno Bearzi, hanno parlato di vittoria dei benzinai, che sarebbero stati «a lungo e a più riprese calunniati e presentati alla pubblica opinione come responsabili di speculazioni e “furbizie” sui prezzi», e si tratterebbe inoltre di una «durissima lezione» per il ministro delle Imprese, Adolfo Urso.

Il ministro è pronto a battersi per i cartelli introdotti dal decreto carburanti che sono diventati obbligatori il primo agosto. Da quella data i gestori delle pompe di benzina hanno dovuto esporre e aggiornare quotidianamente, oltre ai prezzi praticati, quelli medi nazionali per i distributori su autostrade e quelli regionali per gli altri. Le sanzioni per gli inadempienti sono state previste da 200 a 2.000 euro cui fa seguito, dopo 4 violazioni, alla sospensione dell’attività. Il decreto prevedeva anche un’app per consultare tutti i prezzi dal telefonino, che non è ancora partita.

Nel merito, il ministero ha difeso l’efficacia del provvedimento che avrebbe portato a «una continua e progressiva discesa dei prezzi» che risultano in calo di circa 10 centesimi al litro rispetto al 10 ottobre scorso fino a 1,827 euro al litro per il gasolio e a 1,838 euro al litro per la benzina. Inoltre, al netto delle tasse, i prezzi industriali italiani sarebbero diventati più bassi di quelli degli altri grandi paesi europei e non ci sarebbero stati i picchi nel margine lordo di distribuzione visti lo scorso anno.

Questa difesa non ha convinto associazioni dei consumatori come Unc e Codacons. Secondo la loro analisi, i prezzi dei carburanti hanno seguito il solito andamento con picchi in corrispondenza delle partenze per le ferie e poi lenti abbassamenti e il cartello con i prezzi medi non ha prodotto gli effetti sperati. In ogni caso, Assoutenti teme che la sentenza possa trasformarsi in «una stangata, con repentini aumenti dei listini alla pompa».

Per il Pd, la decisione del Tar sul decreto carburanti è «un colpo definitivo al tentativo del governo di affrontare il tema del caro prezzi del carburante in modo demagogico e inefficace», come ha detto il capogruppo in commissione Attività produttive, Vinicio Peluffo.

Per il Codacons è necessario «un intervento preventivo in vista delle prossime festività natalizie e di fine anno, il governo deve assolutamente studiare un provvedimento che blocchi i rincari speculativi dei carburanti che puntualmente si verificano in occasione delle partenze degli italiani – afferma il presidente Rienzi -. Serve poi uno strumento davvero efficace per ridurre automaticamente il peso di Iva e accise quando sale il prezzo industriale di benzina e gasolio, per evitare un’altra forma di speculazione, quello dello Stato che aumenta le proprie entrate grazie ai rincari dei carburanti».

Il governo Meloni potrebbe utilizzare gli 880 milioni sequestrati a Airbnb per il mancato versamento delle tasse sugli affitti brevi per abbattere in modo strutturale parte delle accise gravanti sui carburanti, a partire da quelle sul gasolio, visto che il prezzo di questo combustibilespesso ormai allineato a quello della benzina nonostante il minore carico fiscale – è quello che determina l’andamento dell’economia e la spinta all’inflazione. Una riduzione di 20-30 centesimi al litro concentrata sul gasolio potrebbe avere effetti positivi sul contenimento dei costi operativi delle aziende e ridurre anche i costi nel trasporto delle derrate alimentari, dando così parziale seguito anche alle promesse elettorali della campagna 2022, quando era lo stesso premier Meloni che tuonavacontro gli espropri fiscali alla pompa del carburante ai danni degli automobilisti.

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